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guardava e si muoveva come un uomo, e cosí doveva aver fatto a suo tempo quando perdeva quel sangue. Chi sa che lagna, se fosse toccato a Michela! «Se fai forte, mi fai male», lei aveva detto, e basta.

— A buon conto, — pensavo, — l’ho fatta a Talino che ci tien d’occhio tutti due; l’ho fatta a quell’Ernesto che le tira ancora il rocco; ma lei a me non me l’ha fatta, perché lo sa che non ci credo che sia vergine — . Mi pareva ancora di vederla, su quell’erba.

L’acqua là sotto era una specie di Sangone, ma piú largo e piú basso, con dei pezzi di sabbia scoperta e piantine di salice, che non erano l’altra riva e non finivano mai. Traghetto con le scarpe in mano, e giro sulla sabbia e vado vado e traghetto ancora, ma non trovo nessun’acqua piú profonda e allora mi svesto e faccio il bagno che fanno ai cavalli. Poi per tornare non sapevo piú la strada. Vedo dietro un ciuffo d’albere la punta di Monticello e allora vado dall’altra parte, vado vado, la sabbia diventa erba, comincio a salire ma mi ero perduto. A buon conto, uscire da quella bassa era già un sollievo, perché ero stufo di pigliarmi delle storte sulle pietre bagnate e di correre sulla sabbia che scottava. Qui sí, che si può ammazzare uno in libertà, pensavo: chi sa Gisella se è tornata. Ma Gisella era l’unica che non aveva paura. Volevo chiederle quel pomeriggio che cosa sapeva della Grangia e di quel Rico, e me ne ero dimenticato.

Ero stanco che non stavo piú in piedi, e al primo prato mi butto sull’orlo, all’ombra delle gaggie, e lo vedevo tutto quanto e degli alberi in fondo e il cielo pulito. In mezzo a quegli alberi c’era una casa. Mentre fumavo, sentivo abbaiare dei cani e parlare nel vento.

— Che sia la cascina del Prato?

Quella campagna era verde, non come la stoppia di Talino e della costa. Qui dev’essere gente piú tranquilla, pensavo, qui non si pigliano i colpi di sole che regnano sotto la Grangia. Sentivo il cigolio di una secchia che veniva su dal pozzo, e pensavo a Gisella e avevo fame e bevevo l’aria fresca. A casa c’è quell’acqua che sa di ciliegia, pensavo, se mi tengo la sete bevo poi tutto in una volta.

Tra Gisella e che a casa mi aspettava quell’acqua, ero felice, e dicevo: — Vigliacco Talino! Non sei poi cosí stupido.

Ero fisso che la cascina fosse quella di Ernesto, e mi ricordavo


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