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Gisella che tornava allora dalle galline, ci vide parlare e si fermò a distanza.
Io dicevo: — La pelle bianca nelle donne non è mica bella. Ci vuole un colore bronzato, un’idea.
La Pina dà mano a una patata che c’era in un sacco, e borbotta: — Cosí?
— Un’idea piú molle, — le dico, e sotto guardavo Gisella che rideva.
Me l’aveva promesso, Gisella, che prima di notte ci saremmo veduti nel prato. Aveva un modo di rispondere con gli occhi, Gisella, che metteva anche lei l’incendio alla Grangia, come Talino. Non l’ho detto ma prima, nella stalla, quando mungeva, avevo preso anch’io la poppa e le sue dita, e tirando insieme s’era versato un po’ di latte. — Sta’ bravo, — mi aveva detto lei nell’orecchio ridendo.
La porta era aperta e potevano tornare gli altri. Allora mi ero alzato e avevo acceso, e le guardavo i piedi, ch’erano spessi a forza di andar scalzi.
— Quando vai a messa, metti le calze? — le avevo chiesto.
Allora Gisella aveva steso la gamba come una ballerina, stando seduta e guardandomi sempre.
— Non è bella cosí?
La gamba era scura ma forte. — Tira su, — le dicevo senza muovermi, — è dalle ginocchia che si conosce — . Lei si era messa a ridere, fissandomi negli occhi fino al midollo.
E adesso un’altra, sorprendendomi a discorrere con la Pina, mi avrebbe fatto una scenata, ma non lei, che mi capiva.
— Ho già sete al mattino, — dico alla Pina. — Come picchia il sole!
Quell’acqua che sapeva di ciliegia, era nel secchio in cucina e tutti quanti la bevevano al mestolo, compresa Gisella. Mentre mi empivo la gola, l’Adele che pestava l’aglio, mi chiede se quella sera andavo a Monticello.
— Solo? — mi fa.
— Spero bene.
— E non avete paura delle strade la sera?
— Non sono mica Talino.
L’Adele non la vedevo bene, perché tra il fumo e il sole di prima, tutta la cucina era un pozzo; ma sento che ha una voce divertita e mi fa: — Se volete che vi vengano incontro, mettetevi
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