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che parevano lei. Me ne prendo una sana e la mordo: sapeva di brusco, come piacciono a me.

— Sono le mele di Gisella, — fa Talino mentre torniamo a tavola.

— Perché? — chiedo a Gisella. — Covate le mele?

Non capivano mica. Invece il vecchio mi spiega che quando nasce una figlia si pianta un albero perché cresca con lei. — Quand’è nato Talino, chi sa cos’avete piantato, — dico. — O legna da bruciare o una zucca.

Salta su il gorba che mi aveva lustrato la macchina e dice: — Perché non si pianta una vigna per figlio? Cosí si farebbe piú vino.

— Saremmo i padroni di tutta la collina a quest’ora, — dice l’Adele.

Io guardavo Gisella e Miliota. Talino dice: — E per te, macchinista, cos’hanno piantato?

— Grane, — gli faccio, — grane e tabacco, questo sí: ma sui marciapiedi di Torino il tabacco non cresce e allora mi tocca comprarlo. Le grane le trovo per niente.

Ma era inutile, nessuno capiva, nemmeno Gisella che rideva come prima.

Poi si va sotto il portico del cortile, dove non arrivava ancora il sole, vicino al pozzo, ma se non c’erano le mosche c’erano quei bambini che volevano vedere il disegno della macchina. Allora accendo, mi distendo sopra un sacco e li lascio gridare, loro e le donne. Di là si vedeva la prima collina, bruciata e pelata — erano tutte vigne — e il capezzolo in punta che faceva piacere guardarlo. La vecchia manda Gisella a prender l’acqua dal pozzo — un buco dentro il muro, l’unico posto fresco — e volevo aiutarla a girare il mulinello ma Gisella non vuole e si attacca ai bastoni e si tira su il secchio che cantava come una donna, mentre lei sporgendosi faceva vedere le gambe. Poi quando arriva il secchio lo prendiamo e le sono addosso; e beviamo, specchiandoci, un’acqua meglio delle ciliege. Se non c’erano quei gorbetti e Talino, qualcosa facevo.

Ma la pelle gliel’avevo toccata e avevo visto che, per quanto bruciata dal sole, non era la pelle di Miliota e delle altre che sembravano bestie, ma una cosa piú fresca, che faceva piacere. E poi sembrava la piú giovane, e ci stava. Se Talino diceva qualcosa, davo la colpa a quel vinello che si beveva col vecchio.

Poi volevo dormire, ma la vecchia chiamava i bambini come


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