Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Poi l’Adele, mangiato e bevuto, va per la strada di Gisella, e ritorna con uno appena nato attaccato alla poppa e si siede sullo scalino della porta. Dopo un po’, vedo che anche Gisella era seduta sullo scalino.
La vecchia porta sulla tavola un catino d’insalata, e Talino la mescola in piedi, prende degli altri peperoni, la vecchia taglia le cipolle, e ci buttano tutto e ci versano dentro l’aceto. Poi mi dicono di pulire il piatto col pane, e me lo riempiono. Faceva ridere la vecchia che, sdentata com’era, si succhiava i pomodori come fossero uova.
— Gisella li ha già mangiati i peperoni, — dice Talino, a bocca piena.
Vinverra, che aveva finito, si alza borbottando. Talino si mette a ridere. Allora Gisella dalla porta dice senza voltarsi:
— Vatti a sotterrare.
Talino dice: — Erano buoni i peperoni?
— Vatti a sotterrare.
— Te lo sei fatto il bocchino?
— Vatti a sotterrare!
— Tu piantala lí, — dice il vecchio sulla porta. Le altre ridevano.
— Vatti a sotterrare! — grida Gisella voltandosi come una matta. — Torna in prigione dov’eri! Sei soltanto in vigliacco. Ti sei fatto accompagnare perché avevi paura...
— Erano buoni i peperoni?
— ... Hai paura di tutti, perché c’è Rico che ti cerca. Hai paura di quelli del Prato. Sei soltanto capace a scappare di notte e ti sei fatto accompagnare perché avevi paura. Vigliacco e bastardo, sei soltanto capace a scappare di notte...
Qui si misero tutti a gridare perché il vecchio s’era tolta la cinghia e picchiava Gisella come fosse una scarpa. Ma Gisella non scappava; ficcava la testa contro il fianco d’Adele e mugolava e sembrava un serpente e l’Adele riparava il suo bambino col braccio. Il vecchio non diceva niente: s’era tolta la cappellina e batteva. Io, a vent’anni, al posto di Gisella, l’avrei fatta vedere a quel vecchio.
Poi Vinverra, finita la donna, fa un mezzo giro e salta addosso all’uomo, che stava già tra il lusco e il brusco, e gliene molla una cinghiata che si senti in tutta la stanza. Ma Talino scappò subito.
117 |