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Poi prendiamo una strada piú stretta, senza paracarri, che traversava un prato in salita, e arriviamo alla cascina. Era grossa, e prima cosa vedo un’ala di portici sotto il fienile, e i buoi fermi davanti a un carro, e delle donne intorno. Talino leva il fagotto e si mette a gridare. Allora grido anch’io.

Una donna comincia a correre e un can barbone ci salta addosso, ma non sembra neanche che arriviamo da Torino. Una giovane pianta il tridente nel fieno, un ragazzotto corre in casa; da dietro il carro esce un vecchio storto, in maniche di camicia, e ci guarda, la mano sugli occhi. Io mi fermo; Talino saluta: — In gamba, Pa’! — e niente succede. Il vecchio grida verso la casa: — Donne, è arrivato, — e si volta a guardarmi. Poi dà una voce alle donne del carro, e ci viene incontro.

Mentre parlano insieme, ci guardiamo. Il vecchio aveva in testa una cappellinaccia sfondata e parlando con Talino sembrava che ascoltasse me. — Ti ho capito, — dico io, — questo è piú furbo del figlio — . Sembrava che perdesse i calzoni, per via che stava storto, con la mano sul fianco piú basso; e si erano appena incontrati che cominciano a gridare per quel pozzo, e il figlio dice che non si era nascosto ma aveva cercato di farsi vedere stando seduto con le gambe spenzoloni e nessuno passava e tutti correvano su alla Grangia, e allora... — E allora? — fa il vecchio, sempre tenendomi d’occhio. — Allora mi sono calato dentro, perché avevo paura... — Paura di cosa, zucca? Non sai che prima cosa prendono chi si nasconde?

Sembrava un discorso già fatto e rifatto, perché nessuno dei due stava a sentire l’altro. Le donne ferme intorno al carro mi


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