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lavoro andassi a fare a casa sua, e l’incendio ce l’avevo io nella testa.
Di tanto in tanto, all’occasione, dicevo la mia, perché l’avevo già spiegato a Talino, che se uno l’hanno visto lavorare dentro un pozzo a fondo valle, è un po’ difficile accusarlo di un incendio su in collina. Ma quel Berto (si chiamava come me) che quei paesi li aveva girati e si maneggiava Talino da buon maniscalco, tirava a ficcargli in testa che adesso stesse tranquillo, visto ch’era prosciolto, perché in un pozzo di notte non si vede neanche la luna, nonché la faccia di Talino. — Perché, è stato di notte? — dico io. — Sicuro, questo goffo, per farsi vedere di notte, va a nascondersi nel pozzo — . Allora mi accorsi che neanche un momento Talino aveva smesso di lavorarmi. Poi quell’altro lo chiamano, ma ci dice di aspettarlo al tavolo.
— Senti, — faccio a Talino, — perché non mi hai mai detto che quella casa è bruciata di notte? Sono figure da far fare?
— Perché, ho detto di giorno? — chiede lui.
— Lasciamo perdere. Adesso come si fa, con tre lire, a mangiare?
— Mangiamo con Berto, che quando passa a Monticello dorme sempre in casa nostra.
Torna Berto asciugandosi il collo col braccio e gridando sulla porta, e comandiamo il minestrone.
— Roba di campagna, — mi dice, — ma un po’ di minestra ci vuole.
— Girate tutto l’anno? — gli faccio.
— Andiamo, — dice, rompendosi il pane, — il cavallo ha bisogno di greppia. Queste strade non sono Torino, e ci regna la neve. Faccio l’ultimo giro a novembre quando Talino vende l’uva. Domandategli che faccia fa suo padre quando passo a incassare.
— Quest’anno avanzerete anche due piatti di minestra. Andiamo a Monticello pelati come la mano.
E lui, masticando: — Si va piú leggeri. Che mestiere fate?
— Meccanico senza macchine.
Berto guardò Talino e poi mi dice: — E andate a cercarle a Monticello?... Viaggiate col foglio anche voi?
Gli faccio vedere il biglietto.
— Lavoro interessante, — dice Berto, — ma farete fatica a ritrovarvi. Biciclette e motori. D’inverno non mangiano come il
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