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l’ha raccolta ogni sera, potrebbe una volta
ben restarsene in casa. Nessuno la cerca.
Anche Gella vorrebbe restarsene, sola, nei prati,
ma raggiungere i piú solitari, e magari nei boschi.
E aspettare la sera e sporcarsi nell’erba
e magari nel fango e mai piú ritornare in città.
Non far nulla, perché non c’è nulla che serva a nessuno.
Come fanno le capre strappare soltanto le foglie piú verdi
e impregnarsi i capelli, sudati e bruciati,
di rugiada notturna. Indurirsi le carni
e annerirle e strapparsi le vesti, cosí che in città
non la vogliano piú. Gella è stufa di andare e venire
e sorride al pensiero di entrare in città
sfigurata e scomposta. Finché le colline e le vigne
non saranno scomparse, e potrà passeggiare
per i viali, dov’erano i prati, le sere, ridendo,
Gella avrà queste voglie, guardando dal treno.
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