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Proprietari

Il mio prete che è nato in campagna, è vissuto vegliando
giorno e notte in città i moribondi e ha riunito in tanti anni
qualche soldo di lasciti per l’ospedale.
Risparmiava soltanto le donne perdute e i bambini
e nel nuovo ospedale — lettucci di ferro imbiancato —
c’è un’intera sezione per donne e bambini perduti.
Ma i morenti che sono scampati, lo vengono ancora a trovare
e gli chiedon consigli di affari. Lo zelo l’ha reso ben magro
tra il sentore dei letti e i discorsi con gente che rantola
e seguire, ogni volta che ha tempo, i suoi morti alla fossa
e pregare per loro, spruzzandoli e benedicendoli.

Una sera di marzo già calda, il mio prete ha sepolto
una vecchia coperta di piaghe: era stata sua madre.
La donnetta era morta al paese, perché l’ospedale
le faceva paura e voleva morir nel suo letto.
Il mio prete quel giorno portava la stola
dei suoi altri defunti, ma sopra la bara
spruzzò a lungo acqua santa e pregò anche piú a lungo.
Nella sera già calda, la terra rimossa odorava
sulla bara dov’era un marciume: la vecchia era morta
per il sangue cattivo a vedersi sfumare le terre
che — rimasta lei sola — spettava a lei sola salvare.
Sotto terra, un rosario era avvolto alle mani piagate
che, da vive, con tre o quattro croci su pezzi di carta
s’eran messe in miseria. E il mio prete pregava
che potesse venir perdonata la temerità
della vedova che, mentre il figlio studiava coi preti,
s’era — senza cercare consiglio — presunta da tanto.

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