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l’immaturità del movimento antifascista clandestino? verso la sorte della gioventú antifascista torinese destinata a bruciare ancora verde nelle galere?)

La dedica a Massimo (Mila) ci richiama al clima in cui la poesia è nata: nel 1934 Mila era già stato in prigione una volta (nel 1929) e l’anno dopo, nel 1935, sarà nuovamente arrestato (contemporaneamente a tutto il gruppo torinese, P. compreso) e condannato a ben sette anni (ne sconterà cinque). (Mila ricorda che P. appena scritta la poesia gliela portò a casa con la dedica; nell’edizione Solaria di Lavorare stanca del 1936 — che viene stampata mentre Mila era detenuto — la poesia è senza dedica; la dedica ricompare nella edizione Einaudi del 1943).

p. 83 Una generazione

1934. Pubblicata in Lavorare stanca. Scritta quasi certamente nelle stesse settimane della precedente (i fogli della minuta sono mescolati a fogli della minuta dell’articolo su Faulkner).

Un’interessante testimonianza a proposito di questa poesia è riportata da D. Lajolo (Il «vizio assurdo», Milano i960, p. 38): due annotazioni che P. ha scritto di suo pugno su una copia di Lavorare stanca (presumibilmente nel 1946 o ’47). Al 3° verso: 18 dicembre 1922. Ricorda: eccidio di Torino (Brandimarte) Barriera di Nizza. Al 14° verso: I morti: Beiruti, Tanti, Chiolero, Massaro, Tarizzo, Andreoli, Becchio, Chiotto (un ragazzo comunista), Mazzola, Quintaglie. Io allora avevo 12 anni. Sulla possibilità che la censura permettesse di pubblicare questa poesia devono esserci state esitazioni, al momento in cui le edizioni di Solaria si accingevano a pubblicare Lavorare stanca, e particolarmente dopo l’arresto di P. (Penso che il volume nella sua forma definitiva con l’esclusione cioè di «Una generazione» potrebbe ora uscire, semplicemente passandone le bozze al Ministero dell’Interno per l’autorizzazione. Da una lettera di P. dal confino ad Alberto Carocci del 7 agosto 1933, riportata da D. Lajolo, op. cit., p. 174).

Nelle minute, una prima versione dell’inizio:

I ragazzi che vanno a giocare nei prati
non importano: abbiamo giocato anche noi
certe sere di luci lontane. Era un gioco rischioso
qualche volta avevamo paura, in città si moriva.

Varianti del penultimo verso:

Gli operai sono ancora in prigione. Ci sono le donne
(Moribondi son)
(E quegli altri son sempre)

Dopo l’ultimo, tre versi eliminati:

Ma nessuno lo sa che siamo cresciuti
noi che abbiamo giocato in quei prati (operai) (alla sera)
e saputo che fino le donne (sparavano) (morivano) allora

85 Dopo

1934. Pubblicata nell’edizione Einaudi di Lavorare stanca.

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