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Si scopre cosí che nella vita quasi tutto è passatempo, onde il proposito che formerebbe il prigioniero di vivere, se uscirà, come l’eremita, succhiando il suo passatempo, cavandone tutto il midollo. Che si propongono tutti i prigionieri. E la vita passata risulterebbe spensierata e febbrile, per le disordinate pretese che l’hanno viziata. Qui il pensiero ridotto a superfluità, rivela quanto nella vita sia strambo vivere per mezzo suo lottando e progettando. Non mai dimenticare che, sotto tutto, l’uomo è nudo. C’è un caso in cui ci si spoglia nudi e ci si mostra: ed è per fare la cosa meno ragionevole e piú vergognosa della vita.

I punti sono: che il reale è reclusione dove appunto si vegeta e sempre si vegeterà; e che tutto il resto, il pensiero, l’azione, è passatempo, tanto dentro che fuori. Conta quindi, possedere bene questo reale, passando tutto il resto. Anche perché, se non ci fosse la compagnia, come fu un tempo, non si sfrutterebbe nemmeno il passatempo pensiero-parola, ma si starebbe come un tronco, vivendo. Qui è (ripeto) il dramma: dir male del pensiero-parola, e perciò della vita-passatempo, rimpiangendo in silenzio tutto il resto ed esaltando dalla rabbia il reale, sempre possibile in chiunque come segregazione intera.