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cioè, e la poesia. L’unione dei due elementi non è piú che abilità.

Ora si apre il problema se, in poesie separate, non sia possibile rifare il miracolo; non per altra ragione che tendendo sempre la mente all’unità in tutte le sue manifestazioni. Comporre secondo l’estro, ma con sotterranea abilità far concorrere i vari pezzi a un poema.

Il modo piú semplice parrebbe quello di conservare uno stesso elemento protagonista nelle successive poesie. E questo non va, perché allora sarebbe meglio fare senz’altro il poema raccontato, cosa dimostrata assurda.

Resta, di rintracciare in un gruppo di poesie le sottili, e quasi sempre segrete, corrispondenze di argomento (materiale unità) e di illuminazione (unità spirituale).

Rintracciare vuol dire mettercele componendo; e i modi sono: abituarsi a considerare la natura (mondo di argomenti) un tutto ben determinato, cedere giudiziosamente agli echi e richiami da poesie precedenti, cercare insomma gli argomenti a testa fredda calcolandone il posto e abbandonarsi intuitivamente a testa calda all’ondata ritmica del passato. Dirsi, componendo una poesia: scopro un altro lembo del mondo che già in parte conosco, aiutarsi a questa scoperta con richiami al già noto, sorvegliare insomma quanto è buono e giusto il proprio passato. Non pretendere mai di fare il salto nell’ignoto, di rinascere di colpo un mattino. Utilizzare le cicche della sera prima e convincersi che il tempo il prima e il poi — è soltanto una fissazione. Ma soprattutto non fare mai il serpente, non rigettare mai la pelle: poiché, che cosa ha l’uomo di proprio, di vissuto, se non ciò ch’è appunto già vissuto? Ma tenersi in equilibrio, perché che cosa ha l’uomo da vivere, se non appunto ciò che ancora non vive?

Altro punto interessante in Omero sono gli appellativi e i versi ritornanti: tutto ciò insomma che costituisce in ciascun caso un nervo lirico di indiscutibile valore, e ogni volta viene trascritto, uguale o press’a poco, senza darsi pena di rivedere la primitiva intuizione. (Anche qui, non vale la verità che si tratti di lingua poetica, di gergo consacrato, di frasi diventate nell’uso un vocabolo solo, di cristallizzazioni ieratiche d’un sentimento. Sarà, anzi è; ma a me fanno un altro effetto ed ho ogni diritto di ragionarci come fossero una scelta deliberata di Omero. Non conta l’intenzione sua, conta quel che ci vedo io, lettore).