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19 marzo.

Stendhal-Hemingway. Non raccontano il mondo, la società, non dànno il senso di attingere a una larga realtà interpretando a scelta, a volontà — come Balzac, come Tolstòj, come ecc. Hanno una costante di tensione umana che si risolve in situazioni sensorio-ambientali rese con assoluta immediatezza. Altre non ne saprebbero rendere, come invece i suddetti. Su questa costante han costruito un’ideologia, che è poi il loro mestiere di narratori: l’energia, la chiarezza, la non-letteratura.

Flaubert sceglieva un ambiente; loro no.

Dostojevskij costruiva un mondo dialettico; loro no.

Faulkner stilizza atmosfere e mitologizza; loro no.

Lawrence indagava una sfera cosmica e l’insegnava; loro no.

Sono i tipici narratori in prima persona.

22 marzo.

Il personaggio è concezione teatrale, non specificatamente narrativa. Il raccontare non richiede necessariamente i personaggi. Massimo narratore greco è Erodoto, non Omero — che anzi è teatro antelitteram.

L’800 aspirava al teatro e non ce la fece — creò invece un grande romanzo, ch’era teatro, cioè personaggi. Ora si tende a interessarsi nuovamente al puro narrare. Non si riesce nemmeno a mettere in piedi personaggi, è un lavoro banale, lo fa chiunque. La scoperta sta nel senso del ritmo, nel senso della realtà mossa, di Erodoto. Siamo contemporaneamente piú simbolizzanti e piú intellettualistici — non Iliade, ma Erodoto (spieghiamo che racconteremo il cozzo di Greci e Barbari, ne diamo le ragioni, almanacchiamo — non siamo piú puri contemplatori, ci muoviamo nel nostro mondo piú riccamente — passioni, figure, motivi, scherzi ecc. — ma insieme piú isolati).

L’epica è un teatro che ancora ignora il mezzo tecnico, l’istituzione, la scena.