Pagina:Pavese - Il mestiere di vivere.pdf/257

1943 253

sua frase dànno risalto a questo senso della realtà campagnuola, villereccia. Il fatto stesso che ne tocca sempre di passaggio, in polemica, utilitariamente, è riprova di questa schiettezza.

«...conforme ancheggi i nostri contadini, per dire che l’ammalato vive, dicono ch’ancor mangia...»

L. II, S. VII, C. II.


«... siccome tuttodí osserviamo i contadini caparbi, i quali ad ogni motivo di ragion detta loro vi si rimettono; ma, perché sono deboli di riflessione, la ragione che gli aveva rimossi, tosto dalle loro menti sgombrando, si richiamano al lor proposito»

L. II, S. VII, C. V.


«... il fuoco... che dovettero gli eroi fare con le pietre focaie ed attaccarlo agli spinai secchi per sopra i monti degli accesi soli dell’està...»

L. II, S. VIII, C. I.


«... del frumento (ch’è l’unica o almeno la maggior cosa per la quale i contadini travagliano tutto l’anno)... »

L. II, S. X, C. I.


«...come nasce, piovendo l’està, una ranocchia...»

L. II, S. X, C. II.


«... battevano i loro figliuoli fino all’anima, talché cadevano sovente morti, convulsi dal dolore, sotto le bacchette dei padri... »

L. II, S. V, C. VIII.


«... la qual mercede, sia o di fatighe o di robe, si costuma tuttavia nei commerzi de’ contadini... »

L. II, S. V, C. II.


«... proprietà eterna, per la quale ora diciamo i servidori esser nimici pagati de’ loro padroni... »

L. II, S. V, C. I.