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se avessi vissuto sempre nella regione, sarebbero ora ricordi d’infanzia. Perciò ho l’impressione, aggirandomi, di scostare e violare sogni altrui.

2 maggio.

De profundis di un’abiezione si grida due gridi: Ce la vedremo, o mondo! Oppure: Lo sai che ti amo?

13 maggio.

Scrivere male, cioè adoprare frasi e parole false. Balbo e Petitjean non scrivono male, ma rotto.

3 giugno.

Formazione rustica, cioè non contadina, proletaria, ma ragazze col parasole. Piacciono i ruderi di Roma perché gerbidi, perché papaveri e siepi secche sui colli ne fanno cosa dell’infanzia — e anche la storia (Roma antica) e la preistoria (Vico, il sangue sparso sulla siepe o sul solco) s’adattano a questa rusticità, ne fanno un mondo intero e coerente dalla nascita alla morte.

La tua classicità: le Georgiche, D’Annunzio, la collina del Pino. Qui si è innestata l’America come linguaggio rustico-universale (Anderson, An Ohio Pagan), e la barriera (il Campo di grano) che è riscontro di città e campagna. Il tuo sogno alla stazione di Alba (i giovani albesi che creano le forme moderne) è la fusione del classicismo con la città-in-campagna. Recentemente hai aggiunto la scoperta dell’infanzia (campagna = forma mentale), valorizzando gli studi di etnografia (il Dio caprone, la teoria dell’immagine-racconto).