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increspature su questo mare, che rivela i suoi abissi reali soltanto nelle tempeste, e poi nemmeno.

23 ottobre.

Non sono ambizioso: sono orgoglioso.

La vita attiva è virtú femminile; quella contemplativa, maschile. (Cfr. 14 ottobre, II, e Analisi amorosa di F.). Un significato della mia presenza in questo secolo potrebbe essere la missione di sfatare il leopardiano-nietzchiano mito che la vita attiva sia superiore alla contemplativa. Dimostrare che la dignità del grand’uomo consiste nel non consentire al lavoro, alla socialità, al bourrage. Senza, si capisce, smettere di vivere dostojevskianamente. Tutte le passioni, vengano pure. Ma non dimenticare che si conta per ciò che si è non per ciò che si fa (22 ottobre).

24 ottobre.

La strategia amorosa si sa adoperare soltanto quando non si è innamorati.

30 ottobre.

Il dolore non è affatto un privilegio, un segno di nobiltà, un ricordo di Dio. Il dolore è una cosa bestiale e feroce, banale e gratuita, naturale come l’aria. È impalpabile, sfugge a ogni presa e a ogni lotta; vive nel tempo, è la stessa cosa che il tempo; se ha dei sussulti e degli urli, li ha soltanto per lasciar meglio indifeso chi soffre, negli istanti che seguiranno, nei lunghi istanti in cui si riassapora lo strazio passato e si aspetta il successivo. Questi sussulti non sono il dolore propriamente detto, sono istanti di vitalità inventati dai nervi per far sentire la durata del dolore vero, la durata tediosa, esasperante, infinita del tempo-dolore. Chi soffre è sempre