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curarci — per l’indeterminatezza stessa del fine — una piú lunga durata del nostro piacere. Quando si può dire «Non ho agito per me, ma per un principio superiore» avendo avuto cura di scegliere questo principio il piú duraturo e ampio possibile e magari eterno, si è sicuri che la nostra soddisfazione finirà molto tardi o non finirà mai.

(sera)

Notare come quando vuoi screditare un principio dici che è un’astuzia. Questo considerare accettabile solo l’ingenuità, l’entusiasmo disinteressato, è romanticismo. Ma perché rifiutare un principio astuto, se può dare piú felicità di un altro? Il male è che, se astuto, non dà piú felicità, perché non si può piú credere assoluto.

15 maggio.

Ti hanno detto che non si lamentano, che chiederebbero poco o nulla, che soffrono senza speranza, ma che non sono piagnucoloni...

La politica è l’arte del possibile. Tutta la vita è politica.

La massima sventura è la solitudine, tant’è vero che il supremo conforto — la religione — consiste nel trovare una compagnia che non falla, Dio. La preghiera è lo sfogo come con un amico. L’opera equivale alla preghiera, perché mette idealmente a contatto con chi ne usufruirà. Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con altri. Cosí si spiega la persistenza del matrimonio, della paternità, delle amicizie. Perché poi qui stia la felicità, mah! Perché si debba star meglio comunicando con un altro che non stando soli, è strano. Forse è solo un’illusione: si sta benissimo soli la maggior parte del tempo. Piace di tanto in tanto avere un otre in cui versarsi e poi