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24 novembre.

Quei coetanei conosciuti nella tua giovinezza che senti giudicare ora dalla giovane N., con la quale t’intendi, «vecchi ruderi».

«Ma perché si trovano ancora quei vecchi ruderi?» — come potrebbero sfuggire a questo giudizio? Evidentemente non facendo piú come facevano da giovani, cioè non «trovandosi» piú, non continuando gli stessi discorsi, non rievocando con la loro presenza un impossibile fantasma svanito. Come può una persona di trentanni non sentirsi un rudere? Smettendo di vivere sulle speranze: cioè smettendo di credere che il reciproco contatto amichevole possa cambiare qualcosa alla loro vita, e di ricercare nei discorsi un appiglio, un ampliamento della loro persona.

Si dice che la giovinezza è l’età della speranza, appunto perché in essa si spera confusamente qualcosa dagli altri come da se stessi - non si sa ancora che gli altri appunto sono altri. Si cessa di essere giovani quando si distingue tra sé e gli altri, quando cioè non si ha piú bisogno della loro compagnia. E s’invecchia in due modi: o non sperando piú nulla nemmeno da sé (impietramento, rimbecillimento, ecc.), o sperando soltanto da sé (operosità).

In maturità ci sono due modi di trattare gli altri: come se tutti si fosse giovani ma senza impegnarsi, sapendo di farlo; come se tutti si fosse vecchi, e lasciando intendere quindi che si sa dell’isolamento di ciascuno.

Perché sposarsi segna il trapasso dalla giovinezza alla maturità? Perché con quest’atto si sceglie tra le compagnie una che separa da tutte, che s’identifica con noi, che diventa l’arena circoscritta della nostra socialità onde non avere piú bisogno di cercare la compagnia fuori di noi. È il suggello dell’egoismo che occorre per vivere moderatamente, un egoismo cui serve di scusa il fatto che si crea dei doveri.

Dei due modi di essere maturi sopra accennati, il primo è tremendamente difficile perché appunto si muta facilmente nella sciocca illusione d’essere ancora giovane e nella speranza e ricerca di uno stracco contatto che non crede piú a se stesso. Cioè, crea i ruderi scettici. Il secondo è piú istintivamente facile, ma torce i nervi e mette in situazioni spiacevoli e alla lunga cede a qualche postuma e indistruttibile speranza di contatto, di compagnia, in cui ci si butta, come per reazione, tanto piú ciecamente. Cioè, crea i ru-