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quello che in un mito sono gli statici attributi di un dio o di un eroe (i corpi bianchi delle Oceanine, le mani omicide di Achille, il cinto di Afrodite), racconti dentro il racconto alludenti alla realtà segreta del personaggio.

Quindi lascia il nome d’immagine ai tratti del capretto (Eremita) o della dinamo a valvole (Fedeltà), oneste immagini all’antica.

8 novembre.

Non si può conoscere il proprio stile, e usarlo. Si usa sempre uno stile preesistente, ma in un modo istintivo che ne plasma un altro attuale. Lo stile presente si conosce solo quando è passato e definitivo e si torna a scorrerlo interpretandolo, cioè chiarendosi come è fatto.

Ciò che stiamo scrivendo è sempre cieco. Se ci viene bene (se cioè dopo, ritornandoci, lo stimeremo riuscito) non possiamo per il momento saperlo. Semplicemente lo viviamo e va da sé che le astuzie, gli accorgimenti che vi spendiamo, sono un altro stile composto in precedenza, estraneo alla sostanza di quello attuale.

Scrivere è consumare i cattivi stili adoprandoli. Ritornare sul già scritto per correggere è pericoloso: si giustapporrebbero cose diverse.

Dunque non c’è tecnica? C’è, ma il nuovo frutto che conta è sempre un passo avanti sulla tecnica che conoscevamo e la sua polpa è quella che ci nasce via via sotto la penna a nostra insaputa.

Che noi conosciamo uno stile, vuol dire che ci siamo resa nota una parte del nostro mistero. E che ci siamo vietato di scrivere d’or innanzi in questo stile. Verrà il giorno in cui avremo portato alla luce tutto il nostro mistero e allora non sapremo piú scrivere, cioè inventare lo stile.

10 novembre.

La letteratura è una difesa contro le offese della vita. Le dice «Tu non mi fai fesso: so come ti comporti, ti seguo e ti prevedo,