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29 ottobre.

Altro è ricordarsi dei propri consigli di tecnica, che occorrono quando si è seduti al tavolino, dediti a meditare e vagliare la scelta; altro ricordarsi di quelli di vita che dovrebbero occorrere nell’orgasmo della gioia o del dolore quando si deve reagire a fuggevoli situazioni.

Che lamentarsi davanti al mondo sia inutile e dannoso, è positivo. Resta da vedere se non sia altrettanto inutile e dannoso lamentarsi davanti a se stessi. Evidentemente. Infatti non ci si lamenterà davanti a sé per muovere se stessi a pietà, ché non significherebbe nulla, dato che la pietà per definizione è il voluttuoso connubio di due spiriti. Per che cosa allora? Non per ottenere favori, ché l’unico favore che uno spirito può fare a se stesso è concedersi indulgenza e ognuno vede quanto sia dannoso che la volontà indulga alla propria lamentata debolezza.

Resta che si faccia per scavare verità nel proprio cuore ammollito dalla tenerezza. Ma l’esperienza insegna che le verità affiorano soltanto alla pacata e severa ricerca che arresta la coscienza in un inaspettato atteggiamento e lo vede, come un film che si fermi di colpo, stupefatta ma non commossa.

Dunque basta.

- Prima di essere astuti con gli altri, occorre essere astuti con se stessi (7 dicembre ’37).

- L’arte di guardare in faccia la gente, compresi noi stessi... (9 ottobre ’38).

- Se potessimo trattare con noi stessi come trattiamo con gli altri... (26 ottobre ’38).

- Lamentarsi davanti al mondo... Altrettanto inutile e dannoso lamentarsi davanti a noi stessi... (29 ottobre ’38).

Ci trovo:

Sforzo di equiparare l’io oggettivo agli altri per: liberarci dal falso vantaggio che la singolarità di essere noi dà al nostro io; sgominare la maudlin self-pity e la cancerosa importanza che assume ogni nostro umore davanti all’occhio intimo; trattarci utilitariamente, come utilitariamente trattiamo gli altri.