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la madre 59



uomo e sapendo di offenderli li vai cercando altrove vivi e veri. E se trovi questi occhi — si trovano sempre, Meleagro — chi li porta è di nuovo la madre. E tu allora non sai piú con chi hai da fare e sei quasi contento, ma sta’ certo che loro — la vecchia e le giovani — sanno. E nessuno può sfuggire al destino che l’ha segnato dalla nascita col fuoco.

meleagro   Qualche altro ha avuto il mio destino, Ermete?

ermete   Tutti, Meleagro, tutti. Tutti attende una morte, per la passione di qualcuno. Nella carne e nel sangue di ognuno rugge la madre. Vero è che molti sono vili, piú di te.

meleagro   Non ero vile, Ermete.

ermete   Ti parlo come a ombra, non come a mortale. Fin che l’uomo non sa, è coraggioso.

meleagro   Non sono vile, se mi guardo intorno. So tante cose adesso. Ma non credo che anche lei — la giovane — sapesse quegli occhi.

ermete   Non li sapeva. Era quegli occhi.

meleagro   O Atalanta, io mi domando se anche tu sarai madre, e capace di guardare nel fuoco.

ermete   Vedi se ti ricordi le parole che disse, la sera che scannaste il cinghiale.

meleagro   Quella sera. La sera del patto. Non la dimentico, Ermete. Atalanta era piena di furia perché avevo lasciato sfuggire la belva nella neve. Mi menò un colpo con la scure e mi prese alla spalla. Io da quel colpo mi sentii toccare appena, ma le urlai piú furente di lei: «Ritorna a casa. Ritorna con le donne, Atalanta. Qui non è luogo da capricci di ragazze». E la sera, quando il cinghiale fu morto, Atalanta camminò con me in mezzo ai compagni e mi diede la scure ch’era tornata a cercare da sola sul ne-