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42 | dialoghi con leucò |
endimione O straniero, io non trovo piú pace nel sonno. Credo di aver dormito sempre, eppure so che non è vero.
straniero Tu mi sembri uomo fatto, e robusto.
endimione Lo sono, straniero, lo sono. E so il sonno del vino, e quello pesante che si dorme al fianco di una donna, ma tutto questo non mi giova. Dal mio letto oramai tendo l’udito, e sto pronto a balzare, e ho questi occhi, questi occhi, come di chi fissa nel buio. Mi pare di esser sempre vissuto cosí.
straniero Ti è mancato qualcuno?
endimione Qualcuno? O straniero, tu lo credi che noi siamo mortali?
straniero Qualcuno ti è morto?
endimione Non qualcuno. Straniero, quando salgo sul Latmo io non sono piú un mortale. Non guardare i miei occhi, non contano. So che non sogno, da tanto non dormo. Vedi le chiazze di quei faggi, sulla rupe? Questa notte ero là e l’ho aspettata.
straniero Chi doveva venire?
endimione Non diciamo il suo nome. Non diciamolo. Non ha nome. O ne ha molti, lo so. Compagno uomo, tu sai cos’è l’orrore del bosco quando vi si apre una radura notturna? O no. Quando ripensi nottetempo alla radura che hai veduto e traversato di giorno, e là c’è un fiore, una bacca che sai, che oscilla al vento, e questa bacca, questo fiore, è una cosa selvaggia, intoccabile, mortale, fra tutte le cose selvagge? Capisci questo? Un fiore che è come una belva? Compagno, hai mai guardato con spavento e con voglia la natura di una lupa, di una daina, di una serpe?
straniero Intendi, il sesso della belva viva?
endimione Si ma non basta. Hai mai conosciuto persona che fosse molte cose in una, le portasse con sé, che ogni