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(Parlano Endimione e uno straniero).
endimione Ascolta, passante. Come a straniero posso dirti queste cose. Non spaventarti dei miei occhi di folle. Gli stracci che ti avvolgono i piedi sono brutti come i miei occhi, ma tu sembri un uomo valido che quando vorrà si fermerà nel paese che ha scelto, e qui avrà un riparo, un lavoro, una casa. Ma sono convinto che se adesso cammini è perché non hai nulla se non la tua sorte. E tu vai per le strade a quest’ora dell’alba — dunque ti piace essere sveglio tra le cose quando escono appena dal buio e nessuno le ha ancora toccate. Vedi quel monte? È il Latmo. Io l’ho salito tante volte nella notte, quand’era piú nero, e ho atteso l’alba tra i suoi faggi. Eppure mi pare di non averlo toccato mai.
straniero Chi può dire di aver mai toccato quello accanto a cui passa?
endimione Penso a volte che noi siamo come il vento che trascorre impalpabile. O come i sogni di chi dorme. Tu ami, straniero, dormire di giorno?
straniero Dormo comunque, quando ho sonno e casco.
endimione E nel sonno ti accade — tu che vai per le strade — di ascoltar lo stormire del vento, e gli uccelli, gli stagni, il ronzío, la voce dell’acqua? Non ti pare, dormendo, di non essere mai solo?
straniero Amico, non saprei. Sono vissuto sempre solo.