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32 | dialoghi con leucò |
ho veduto il destino. Ogni volta che il caos trabocca alla luce, alla loro luce, devon trafiggere e distruggere e rifare. Per questo Corònide è morta.
chirone Ma non potranno piú rifarla. Dunque avevo ragione che l’Olimpo è la morte.
ermete Eppure, il Radioso l’amava. L’avrebbe pianta se non fosse stato un dio. Le ha strappato il bimbetto. Te l’affida con gioia. Sa che tu solo potrai farne un uomo vero.
chirone Ti ho già detto la sorte che attende costui nelle case mortali. Sarà Asclepio, il signore dei corpi, un uomo-dio. Vivrà tra la carne corrotta e i sospiri. A lui guarderanno gli uomini per sfuggire il destino, per ritardare di una notte, di un istante, l’agonia. Passerà, questo bimbetto, tra la vita e la morte, come tu ch’eri coglia di toro e non sei piú che il guidatore delle ombre. Questa la sorte che gli Olimpici faranno ai vivi, sulla terra.
ermete E non sarà meglio, ai mortali, finire cosí, che non l’antica dannazione d’incappare nella bestia o nell’albero, e diventare bue che mugge, serpente che striscia, sasso eterno, fontana che piange?
chirone Fin che l’Olimpo sarà il cielo, certo. Ma queste cose passeranno.