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30 | dialoghi con leucò |
Dídimo al Pelio fra i canneti e le rupi. Tanto ci basti. Le parole sono sangue.
ermete Chirone, puoi credermi quando ti dico che la piango come voi la piangete. Ma, ti giuro, non so perché il Dio l’abbia uccisa. Nella mia Làrissa si parla d’incontri bestiali nelle grotte e nei boschi...
chirone Che vuol dire? Lo siamo bestiali. E proprio tu, Enodio, che a Làrissa eri coglia di toro, e all’inizio dei tempi ti sei congiunto nel fango della palude con tutto quanto di sanguigno e ancora informe c’era al mondo, proprio tu ti stupisci?
ermete È lontano quel tempo, Chirone, e adesso vivo sottoterra o sui crocicchi. Vi vedo a volte venir giú dalla montagna come macigni e saltare le pozze e le forre, e inseguirvi, chiamarvi, giocare. Capisco gli zoccoli, la vostra natura, ma non sempre voi siete cosí. Le tue braccia e il tuo petto di uomo, a dirne una, e il vostro grosso riso umano, e lei l’uccisa, e gli amori col Dio, le compagne che adesso la piangono — siete cose diverse. Anche tua madre, se non sbaglio, piacque a un dio.
chirone Altri tempi davvero. Il vecchio dio per amarla si fece stallone. Sulla vetta del monte.
ermete Dunque, dimmi perché Corònide bella fu invece una donna e passeggiava nei vigneti e tanto giocò col Radioso che lui la uccise e bruciò il corpo?
chirone Enodio, dalla tua Làrissa quante volte hai veduto dopo una notte di vento la montagna dell’Olimpo stagliare nel cielo?
ermete Non solo la vedo, ma a volte ci salgo.
chirone Un tempo, anche noi si galoppava fin lassú di costa in costa.
ermete Ebbene, dovreste tornarci.
chirone Amico, Corònide c’è tornata.