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24 | dialoghi con leucò |
sa — che non è bene né male, qualcosa che non ha nome — gli daranno poi un nome gli dèi.
edipo E dar il nome, spiegare le cose, ti par poco, Tiresia?
Tiresia Tu sei giovane, Edipo, e come gli dèi che sono giovani rischiari tu stesso le cose e le chiami. Non sai ancora che sotto la terra c’è roccia e che il cielo piú azzurro è il piú vuoto. Per chi come me non ci vede, tutte le cose sono un urto, non altro.
edipo Ma sei pure vissuto praticando gli dèi. Le stagioni, i piaceri, le miserie umane ti hanno a lungo occupato. Si racconta di te piú di una favola, come di un dio. E qualcuna così strana, cosí insolita, che dovrà pure avere un senso — magari quello delle nuvole nel cielo.
tiresia Sono molto vissuto. Sono vissuto tanto che ogni storia che ascolto mi pare la mia. Che senso dici delle nuvole nel cielo?
edipo Una presenza dentro il vuoto...
tiresia Ma qual’è questa favola che tu credi abbia un senso?
edipo Sei sempre stato quel che sei, vecchio Tiresia?
tiresia Ah ti afferro. La storia dei serpi. Quando fui donna per sette anni. Ebbene, che ci trovi in questa storia?
edipo A te è accaduto e tu lo sai. Ma senza un dio queste cose non accadono.
tiresia Tu credi? Tutto può accadere sulla terra. Non c’è nulla d’insolito. A quel tempo provavo disgusto delle cose del sesso — mi pareva che lo spirito, la santità, il mio carattere, ne fossero avviliti. Quando vidi i due serpi godersi e mordersi sul muschio, non potei trattenere il mio dispetto: li toccai col bastone. Poco dopo, ero donna — e per anni il mio orgoglio fu costretto a subire. Le cose del mondo sono roccia, Edipo.