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186 | dialoghi con leucò |
mnemòsine Non puoi pensarla un’esistenza tutta fatta di questi attimi?
esiodo Posso pensarla sí.
mnemòsine Dunque sai come vivo.
esiodo Io ti credo, Melete, perché tutto tu porti negli occhi. E il nome di Euterpe che molti ti dànno non mi può piú stupire. Ma gli istanti mortali non sono una vita. Se io volessi ripeterli perderebbero il fiore. Torna sempre il fastidio.
mnemòsine Eppure hai detto che quell’attimo è un ricordo. E cos’altro è il ricordo se non passione ripetuta? Capiscimi bene.
esiodo Che vuoi dire?
mnemòsine Voglio dire che tu sai cos’è vita immortale.
esiodo Quando parlo con te mi è difficile resisterti. Tu hai veduto le cose all’inizio. Tu sei l’ulivo, l’occhiata e la nube. Dici un nome, e la cosa è per sempre.
mnemòsine Esiodo, ogni giorno io ti trovo quassú. Altri prima di te ne trovai su quei monti, sui fiumi brulli della Tracia e della Pieria. Tu mi piaci piú di loro. Tu sai che le cose immortali le avete a due passi.
esiodo Non è difficile saperlo. Toccarle, è difficile.
mnemòsine Bisogna vivere per loro, Esiodo. Questo vuol dire, il cuore puro.
esiodo Ascoltandoti, certo. Ma la vita dell’uomo si svolge laggiú tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze. È un fastidio alla fine, Melete. C’è una burrasca che rinnova le campagne — né la morte né i grossi dolori scoraggiano. Ma la fatica interminabile, lo sforzo per star vivi d’ora in ora, la notizia del male degli altri, del male meschino, fastidioso come