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150 gli argonauti



prodo era un lutto. Ogni mattina il mare era piú bello, piú vergine. La giornata passava nell’attesa. Poi vennero piogge, vennero nebbie e schiume nere.

mélita   Queste cose si sanno.

iasone   Non era il mare il rischio. Noi s’era capito, d’approdo in approdo, che quel lungo cammino ci aveva cresciuti. Eravamo piú forti e staccati da tutto — eravamo come dèi, Mélita — ma appunto questo ci attirava a far cose mortali. Sbarcammo al Fasi, su prati di còlchici. Ah ero giovane allora, e guardavo la sorte.

mélita   Quando si parla di voialtri, dentro il tempio, si abbassa la voce.

iasone   Qualche volta si ride, lo so, Mélita. Corinto è un’allegra città. E si dice, lo so: «Quando quel vecchio smetterà di chiacchierare dei suoi dèi? Tanto son morti come gli altri». E Corinto vuol vivere.

mélita   Noi si parla della maga, re Iasone, di quella donna che qualcuno ha conosciuto. Oh dimmi com’era.

iasone   Tutti conoscono una maga, Mélita, tranne a Corinto dove il tempio insegna a ridere. Tutti noialtri, vecchi o morti, conoscemmo una maga.

mélita   Ma la tua, re Iasone?

iasone   Violammo il mare, distruggemmo mostri, mettemmo piede sui prati del còlchico — una nube d’oro sfavillava nella selva — eppure morimmo ciascuno di un’arte di maga, ciascuno per l’incanto o la passione di una maga. La testa di uno di noialtri finí lacerata e stroncata in un fiume. E qualcuno ora è vecchio — e ti parla — che vide i suoi figli sacrificati dalla madre furente.

mélita   Dicono che non è morta, signore, che i suoi incanti hanno vinto la morte.

iasone   È il suo destino, e non l’invidio. Respirava la morte e la spargeva. Forse è tornata alle sue case.