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128 | dialoghi con leucò |
no chiamato la catena di ferro, il decreto fatale. Noi ci chiamano le signore fatali, lo sai.
leucotea Non sanno sorridere.
circe Sí. Qualcuno di loro sa ridere davanti al destino, sa ridere dopo, ma durante bisogna che faccia sul serio o che muoia. Non sanno scherzare sulle cose divine, non sanno sentirsi recitare come noi. La loro vita è cosí breve che non possono accettare di far cose già fatte o sapute. Anche lui, l’Odisseo, il coraggioso, se gli dicevo una parola in questo senso, smetteva di capirmi e pensava a Penelope.
leucotea Che noia.
circe Sí ma vedi, io lo capisco. Con Penelope non doveva sorridere, con lei tutto, anche il pasto quotidiano, era serio e inedito — potevano prepararsi alla morte. Tu non sai quanto la morte li attiri. Morire è sí un destino per loro, una ripetizione, una cosa saputa, ma s’illudono che cambi qualcosa.
leucotea Perché allora non volle diventare un maiale?
circe Ah Leucò, non volle nemmeno diventare un dio, e sai quanto Calipso lo pregasse, quella sciocca. Odisseo era cosí, né maiale né dio, un uomo solo, estremamente intelligente, e bravo davanti al destino.
leucotea Dimmi, cara, ti è molto piaciuto con lui?
circe Penso una cosa, Leucò. Nessuna di noi dee ha mai voluto farsi mortale, nessuna l’ha mai desiderato. Eppure qui sarebbe il nuovo, che spezzerebbe la catena.
leucotea Tu vorresti?
circe Che dici, Leucò... Odisseo non capiva perché sorridevo. Non capiva sovente nemmeno che sorridevo. Una volta credetti di avergli spiegato perché la bestia è piú vicina a noialtri immortali che non l’uomo intelligente e coraggioso. La bestia che mangia, che monta, e non ha me-