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124 | dialoghi con leucò |
virbio Già una volta l’ho sparso. E sentirlo inquieto e smarrito quest’oggi, mi dà la prova che son vivo. Né il vigore delle piante né la luce del lago mi bastano. Queste cose son come le nuvole, erranti eterne del mattino e della sera, guardiane degli orizzonti, le figure dell’Ade. Solamente altro sangue può calmare il mio. E che scorra inquieto, e poi sazio.
diana A pigliarti in parola, tu vorresti sgozzare.
virbio Non hai torto, selvaggia. Prima, quando ero Ippolito, sgozzavo le belve. Mi bastava. Ora qui, in questa terra dei morti, anche le belve mi dileguano tra mano come nubi. La colpa è mia, credo. Ma ho bisogno di stringere a me un sangue caldo e fraterno. Ho bisogno di avere una voce e un destino. O selvaggia, concedimi questo.
diana Pensaci bene, Virbio-Ippolito. Tu sei stato felice.
virbio Non importa, signora. Troppe volte mi sono specchiato nel lago. Chiedo di vivere, non di essere felice.