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122 | dialoghi con leucò |
dove il sole calava — bastava andare, andare sempre — sarei giunto al paese infantile del mattino, della caccia, del gioco perenne. Uno schiavo mi disse: «Bada a quel che desideri, piccolo. Gli dèi lo concedono sempre». Era questo. Non sapevo di volere la morte.
diana Questo è un altro ricordo. Di che cosa ti lagni?
virbio O selvaggia, non so. Sembra ieri che aprii gli occhi quaggiú. So che è passato tanto tempo, e questi monti, quest’acqua, questi alberi grandi sono immobili e muti. Chi è Virbio? Sono altra cosa da un ragazzo che ogni mattina si ridesta e torna al gioco come se il tempo non passasse?
diana Tu sei Ippolito, il ragazzo che morí per seguirmi. E ora vivi oltre il tempo. Non hai bisogno di ricordi. Con me si vive alla giornata, come la lepre, come il cervo, come il lupo. E si fugge, s’insegue sempre. Questa non è terra di morti, ma il vivo crepuscolo di un mattino perenne. Non hai bisogno di ricordi, perché questa vita l’hai sempre saputa.
virbio Eppure il sito qui è davvero piú vivo che in patria. C’è in tutte le cose e nel sole una luce radiosa come venisse dall’interno, un vigore che si direbbe non ancora intaccato dai giorni. Che cos’è per voi dèi questa terra d’Esperia?
diana Non diversa dalle altre sotto il cielo. Noi non viviamo di passato o d’avvenire. Ogni giorno è per noi come il primo. Quel che a te pare un gran silenzio è il nostro cielo.
virbio Pure ho vissuto in luoghi che ti sono piú cari. Ho cacciato sul Dídimo, corse le spiagge di Trezene, paesi poveri e selvaggi come me. Ma in questo inumano silenzio, in questa vita oltre la vita non avevo mai tratto il respiro. Cos’è che la fa solitudine?