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98 | dialoghi con leucò |
che Callisto non sapesse rassegnarsi, non è colpa degli dèi. È come chi va malinconico a un banchetto o s’ubriaca a un funerale. S’io fossi lupo, sarei lupo anche nel sonno.
secondo cacciatore Non conosci la strada del sangue. Gli dèi non ti aggiungono né tolgono nulla. Solamente, d’un tocco leggero, t’inchiodano dove sei giunto. Quel che prima era voglia, era scelta, ti si scopre destino. Questo vuol dire, farsi lupo. Ma resti quello che è fuggito dalle case, resti l’antico Licaone.
primo cacciatore Vuoi dunque dire che, azzannato dai molossi, Licaone patí come un uomo cui si desse la caccia coi cani?
secondo cacciatore Era vecchio, sfinito; tu stesso consenti che non seppe difendersi. Mentre moriva senza voce sulle pietre, io pensavo a quei vecchi pezzenti che si fermano a volte davanti ai cortili, e i cani si strozzano alla catena per morderli. Anche questo succede, nelle case laggiú. Diciamo pure che è vissuto come un lupo. Ma, morendo e vedendoci, capí di esser uomo. Ce lo disse con gli occhi.
primo cacciatore Amico, e credi che gl’importi di marcire sottoterra come un uomo, lui che l’ultima cosa che ha visto eran uomini in caccia?
secondo cacciatore C’è una pace di là dalla morte. Una sorte comune. Importa ai vivi, importa al lupo che è in noi tutti. Ci è toccato di ucciderlo. Seguiamo almeno l’usanza, e lasciamo l’ingiuria agli dèi. Torneremo alle case con le mani pulite.