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44 | parte prima |
cipali — nella quale, circondato da un numeroso Stato Maggiore, troneggiava il biondo Generale d’artiglieria, conte Giulay, nella sua uniforme colore carta assorbente azzurrognola, coi suoi impertinenti mustacchi a uncino, ed i famosi suoi scopettoni, che gli ornavano le guance rosse come i peperoni.
L’aria, in mancanza d’ossigeno, era satura di elettricità.
Prevedere quello che sarebbe accaduto là dentro, a nessuno era dato; ma tutti sentivano, per intuito, che qualche cosa di grosso si stava preparando.
E quel qualche cosa, eccolo scoppiare fulmineo, formidabile, quando sul palcoscenico, Druidi, Bardi.... e altri armati — all’appello mistico di Norma — intonano l’inno guerriero di Felice Romani:
― Guerra, Guerra! le galliche selve.... — per riprendere terribile irrefrenato al:
— Sangue, sangue! — della seconda strofa.
— Guerra, Guerra! — urlò scattando in piedi tutta quella imponente massa nera, che stava dietro la massa bianca delle prime tre file; simultaneamente spinte, l’una e l’altra, dal subito contrasto di opposti affetti indarno trattenuti.
— Guerra, Guerra! — era il grido che si sprigionava dalle loggie, dalla platea, dal loggione, dappertutto; mentre dai loro palchetti, ritte anch’esse in piedi, le belle e.... le meno belle, donne Lombarde, sventolavano febbrili le trine dei loro fazzoletti.
— Cuerra, Cuerra!.... — si urlò pure, con pronuncia tedesca, dal palchetto del generale: il quale, scattando anch’esso in piedi come il bau-bau che spaventa i bambini, si gingillava a sfoderare e rinfoderare un palmo di lama della sua durlindana, con aria provocatrice.
Figuriamoci il gran pubblico, a quella vista!
Questo si pose allora a battere le mani, a tempestare fragorosamente coi piedi; mentre tutta la ufficialità picchiava furiosamente, in atto di sfida, le sciabole sull’innocente pavimento di abete, marcando con quelle il tempo all’Inno guerriero meglio di qualunque Toscanini moderno.
Rossi i visi, di fiamma gli occhi.... era il quarantotto in teatro!