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lo stendardo dei carabinieri | 39 |
Le trombe di Goito, di Pastrengo, di Governolo, di Peschiera, di Rivoli, intonano la Fanfara Reale.
Prima che lo sfilamento incominci, il poeta, rigidamente ligio anch’egli ai diritti di precedenza fra le diverse armi, si rivolge anzitutto alla squadra dei Carabinieri Reali che costituivano in quel giorno la scorta del Sovrano.
È lo squarcio più lodato del libro.
Calma, severa, tacita, compatta |
Dopo ciò comincia lo sfilamento in parata:
— Battaglioni avanti, guid-a-dest!
Prime al passo di corsa, passano svolazzanti le piume dei bersaglieri — speranza della novella Italia. — Sono guidati dal prode La Marmora, una delle tante glorie del forte Piemonte. Seguono, a regolare distanza, i Cacciatori di Sardegna, e gli atletici Granatieri del Re, nascosti i volti abbronzati sotto l’alto berrettone di pelo, che la moderna civiltà ha bandito.
Ecco la Brigata Savoia, orgogliosa de’ suoi fasti e de’ suoi duchi.
Passano allineati davanti al Re, abbassando l’asta della vecchia bandiera, reliquia di cento battaglie.
Ecco le belle brigate Piemonte, Cuneo, Aosta e Regina! Nel buio della notte fiammeggiano i tre colori dei loro otto stendardi.
E il poeta canta:
Date, o trombe, il saluto ai valorosi! |