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agonia di una repubblica 27

Tutta Italia è nuovamente in catene; e Venezia, l’ultimo asilo della sua libertà si trova, anch’essa, negli estremi rantoli dell’agonia!

Dall’onde della sua laguna, levasi lugubre, desolato il canto di Arnaldo Fusinato, ch’era di presidio, durante l’assedio, nell’Isola del Lazzaretto Vecchio:

A VENEZIA!


È fosco l’aere,
Il cielo è muto,
Ed io sul tacito
Veron seduto,
In solitaria
Melanconia
Ti guardo e lagrimo
Venezia mia!

Fra i rotti nugoli
Dell’Occidente
Il raggio perdesi
Del sol morente;
Il vento sibila
Per l’aria bruna
L’ultimo gemito
Della laguna.

Passa una gondola
Della città. —
« — Ehi, dalla gondola,
Qual novità? — »
« — Il morbo infuria,
Il pan ci manca,
Sul ponte sventola
Bandiera bianca! — »


No, no, non splendere
Su tanti guai,
Sole d’Italia
Non splender mai;
E sulla veneta
Spenta fortuna
Si eterni il gemito
Della laguna.

Venezia! l’ultima
Ora è venuta;
Illustre martire,
Tu sei perduta...
Il morbo infuria,
Il pan ci manca,
Sul ponte sventola
Bandiera bianca!

Ma non le ignivome
Palle roventi,
Nè i mille fulmini
Su te stridenti,
Troncâro ai liberi
Tuoi dì lo stame...
Viva Venezia!
Muore di fame!


Sulle tue pagine
Scolpisci, o Storia,
L’altrui nequizie
E la sua gloria,
E grida ai posteri
Tre volte infame
Chi vuol Venezia
Morta di fame!

Viva Venezia!
L’ira nemica
La tua risuscita
Virtude antica;
Ma il morbo infuria,
Il pan ci manca....
Sul ponte sventola
Bandiera bianca!

Ed ora infrangasi
Qui sulla pietra,
Finchè è ancor libera,
Questa mia cetra,
A te, Venezia,
L’ultimo canto,
L’ultimo bacio.
L’ultimo pianto!


Ramingo ed esule
In suol straniero
Vivrai, Venezia,
Nel mio pensiero;
Vivrai nel tempio
Qui del mio core,
Come l’imagine
Del primo amore.


Ma il vento sibila
Ma l’onda è scura,
Ma tutta in tenebre
È la natura.
Le corde stridono,
La voce manca...
Sul ponte sventola
Bandiera bianca.