Tutta Italia è nuovamente in catene; e Venezia, l’ultimo asilo della sua libertà si trova, anch’essa, negli estremi rantoli dell’agonia!
Dall’onde della sua laguna, levasi lugubre, desolato il canto di Arnaldo Fusinato, ch’era di presidio, durante l’assedio, nell’Isola del Lazzaretto Vecchio:
A VENEZIA!
È fosco l’aere, Il cielo è muto, Ed io sul tacito Veron seduto, In solitaria Melanconia Ti guardo e lagrimo Venezia mia!
Fra i rotti nugoli Dell’Occidente Il raggio perdesi Del sol morente; Il vento sibila Per l’aria bruna L’ultimo gemito Della laguna.
Passa una gondola Della città. — « — Ehi, dalla gondola, Qual novità? — » « — Il morbo infuria, Il pan ci manca, Sul ponte sventola Bandiera bianca! — »
No, no, non splendere Su tanti guai, Sole d’Italia Non splender mai; E sulla veneta Spenta fortuna Si eterni il gemito Della laguna.
Venezia! l’ultima Ora è venuta; Illustre martire, Tu sei perduta... Il morbo infuria, Il pan ci manca, Sul ponte sventola Bandiera bianca!
Ma non le ignivome Palle roventi, Nè i mille fulmini Su te stridenti, Troncâro ai liberi Tuoi dì lo stame... Viva Venezia! Muore di fame!
Sulle tue pagine Scolpisci, o Storia, L’altrui nequizie E la sua gloria, E grida ai posteri Tre volte infame Chi vuol Venezia Morta di fame!
Viva Venezia! L’ira nemica La tua risuscita Virtude antica; Ma il morbo infuria, Il pan ci manca.... Sul ponte sventola Bandiera bianca!
Ed ora infrangasi Qui sulla pietra, Finchè è ancor libera, Questa mia cetra, A te, Venezia, L’ultimo canto, L’ultimo bacio. L’ultimo pianto!
Ramingo ed esule In suol straniero Vivrai, Venezia, Nel mio pensiero; Vivrai nel tempio Qui del mio core, Come l’imagine Del primo amore.
Ma il vento sibila Ma l’onda è scura, Ma tutta in tenebre È la natura. Le corde stridono, La voce manca... Sul ponte sventola Bandiera bianca.