Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
378 | parte seconda |
X.
E qui, per rompere la monotomia di questa parte del libro, rallegriamolo colla apparizione della prima Regina d’Italia, che da Venezia, dov’era andata da pochi dì, insieme alla duchessa Elena d’Aosta, veniva ad assistere alla grande rassegna militare del giorno ventuno.
S. M. doveva giungere alle otto e tre quarti, direttamente alla stazione di Porta Nuova, come quella che si trova più vicina alla piazza d’armi.
Sindaco, senatori, deputati e... tutto il resto; uno stuolo fiorito di dame e cavalieri, s’erano anticipatamente preparati alla stazione per ricevere la Sovrana.
Di fuori, tutta Verona faceva ressa intorno agli equipaggi, venuti dal Chievo per condurre S. M. il Re in piazza d’armi.
Era ancora un po’ presto; prima della Regina, il Re doveva venire a cavallo, ad incontrarla.
Intanto che si aspetta i due desiderati arrivi, la impazienza dei presenti — e fuori e dentro la stazione — è distratta dalla vista di un sottotenente di fanteria, in barba bionda — o quasi — che è fermo, come uno che aspetti davanti al portico della stazione. Esso, per essere un semplice sottotenente, è un po’ maturo, ma è ancora vegeto e robusto. Più che la barba e la persona, sono oggetto di curiosità e di ammirazione del pubblico, le croci e i crachats che gli brillano sul petto; ma, e più ancora delle croci e delle medaglie, è oggetto di grande discussione una larga fascia a tracolla di un colore scarlatto vivo, che fiammeggia un miglio lontano.
La gente ch’era dentro, e quella ch’era fuori, lo guardava e riguardava, almanaccando chi mai potesse essere quell’incognito personaggio.
— Che sia un principe del Montenegro? — uno diceva.
— Un magnate d’Ungheria — diceva un altro.
— Quel nastro scarlatto che cosa sarà?
— E quella barba?... Che sia un principe russo?
— Che el sia un cardinal? — spropositava una donna nel suo dialetto, imbrogliata da tutto quel rosso.