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366 | parte seconda |
grandi occhi in faccia, come uomo che aspetti qualche cosa ancora. Laonde io, preso il mio coraggio a due mani, e parlando a voce alta perchè gli altri mi udissero, sclamai:
— Ah!.... Maestà!.... s’Ella avesse avuto la ispirazione di dare una capatina, solo un istante, all’entrata di quella sala.... avrebbe veduto che entusiasmo!.... Certo V. M. ne sarebbe rimasta contenta!
Il buon Re Umberto fece un gesto.... un gesto che non saprei bene definire; e, prendendo quelle mie parole come un sommesso rimprovero, quasi volesse giustificarsi, rispose:
— Una capatina?!.... Ma se nessuno mi ci aveva invitato!
A me parve imprudenza l’insistere. Mi contentai perciò di barbugliare a fior di labbra, ma in modo che il Re mi udisse:
— Peccato!.... Proprio peccato!
E mi allontanai, colla certezza che se, chi gli stava vicino, avesse detto a S. M. dell’opportunità di quella visita, il Re, molto volentieri, la avrebbe fatta.
Ma questa, dirò così, involontaria omissione sovrana, me ne richiamò alla mente un’altra, ancor più stridente, avvenuta alla grande inaugurazione della Torre di S. Martino.
Presidente del Consiglio era allora l’onorevole Giolitti e ministro della Guerra il generale Luigi Pelloux.
Alla solenne inaugurazione intervennero, S. M. il Re e S. M. la Regina, il Principe di Napoli, il Duca d’Aosta, e i due presidenti della Camera e del Senato. Assistevano pure gli addetti militari colonnello De Pott per l’Austria Ungheria, e l’altro colonnello Gerard de la Pinsonniere, per la Francia. Poi, tra i valorosi superstiti del 1859, c’era anche il generale Cucchiari nella sua antica e gloriosa uniforme, un po’ sgualcita dagli anni, e mangiata dalle tarme.
Era tutto un palpito là dentro!... L’entusiasmo e la commozione si leggevano sopra ogni volto...
Il grande ambiente del banchetto — grande come una piazza d’armi — sfolgorava per la presenza di non meno di un migliaio di ufficiali, coperti il petto di medaglie e di croci, nella loro alta tenuta.