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dieci anni dopo 327

“Proveniva dal lago. Lembi di nuvole biancastre turbinavano sotto una distesa di nuvoloni neri.

“Un vento furioso ne annunciò l’arrivo in città, e la grandinata verso le 4.30 incominciò la sua opera di distruzione.

“A San Martino della Battaglia si scatenò in tutta la sua violenza distruggendo ogni cosa.

“A San Giorgio in Salici e Castelnuovo la tempesta grossa come uova, raggiunse l’altezza di trenta centimetri.

“Il turbine avanzò in direzione della linea ferroviaria, scatenandosi su Peschiera, Castelnuovo, San Giorgio in Salici, Oliosi, stazione di Sommacampagna, Parona, Chievo.

“Grosse piante furono divelte, e, per mero caso, non accadde un disastro al passar del diretto proveniente da Verona...

“Alla stazione di Porta Vescovo, cadendo sul coperto della tettoia, spezzò una cinquantina di vetri, e l’acqua cadde a precipizio allagando ovunque.

“Il viale della stazione fu devastato; le foglie ed i rami coprivano il suolo; e in piazza Indipendenza, in piazza Vittorio Emanuele, al Pradavalle, gli alberi furono denudati.

“Questa mattina gli spazzini e i giardinieri lavoravano a caricare sui carri le foglie ed i rami ammassati in grandi mucchi.

“Secondo i calcoli di vari possidenti convenuti a Verona, la zona della Provincia che fu più colpita dal nubifragio, avrebbe una estensione superiore ai 400 chilometri quadrati„.

Se tanto mi da tanto, figuriamoci il giardino del Chievo, che si trovò proprio nel mezzo della battaglia celeste! Qui, una volta liquefatto lo strato candido che aveva steso la grandine, e scoperta a nudo la piaga, il quadro che si presentò ai nostri occhi fu davvero desolante. Sui pochi rami che ancora rimanevano attaccati alle piante, quasi più una foglia verde! Sui viali, invece, dianzi bianchi di ghiaja, tutto quanto uno strato verde alto più di una spanna, irto dei rami caduti, di corteccie scorticate, di sterpi, e persino di nidi travolti, e uccellini uccisi dalla rabbia degli elementi...

Non parliamo dello stato miserando in cui apparvero le macchie e i gruppi di palme; i vasi frantumati, e rotolati a parecchi metri di distanza. Coleus, Arum, Muse, Latanie... una vera frittata!

Furono persino divelte, e condotte a spasso pel giardino, le tende e le baracche, ancora in via di costruzione... Insomma la fine del mondo.

E S. M. il Re doveva arrivare due giorni dopo!... E nemmeno un fiore per ornargli la tavola!

In mezzo a quel po’ po’ di disastro, una sola cosa ci consolava: il pensiero che S. M., arrivando quasi a sera, non avrebbe veduta quella frittata... illuminata dal sole. Magra consolazione!