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326 parte seconda

specie. Impianti elettrici, acetilene, fuochi artificiali, prospettive a bengala, vini... liquori... e, persino, biscotti nuovissimi!... Ognuno intendeva così di ottenere poi un sospirato brevetto di fornitore della Real Casa.

Dalla data dell’avviso telegrafico a quello dell’arrivo, dovevano correre quasi quattordici giorni — il doppio, cioè, del tempo che impiegò Domineddio nella creazione del mondo. Così che, assistiti amorosamente dagli impiegati della Casa Reale — arrivati alcuni giorni prima della venuta del Re — con poca fatica, tutto fu pronto, bene o male, a riceverlo; e l’animo di chi doveva ospitarlo per la seconda volta, era alquanto più tranquillo che non lo fosse la prima.

Giacche c’era il tempo, si curarono specialmente le macchie del giardino, i tappeti verdi, i gruppi di piante: e, in genere, tutta la decorazione interna ed esterna.

I viali di ghiaja passati al crivello. I prati pettinati come una sposa al dì delle nozze.

— Uhm... meno male! — diceva fra se il proprietario — stavolta tanto, possiamo ricevere S. M. in modo meno indecente.

Neanche a farlo appostai.... Iddio volle punire quel timido atto di vanità....

II 12 settembre 1896 — non dimenticheremo mai quella data funesta, si campasse cent’anni — cioè due giorni prima dell’arrivo del Re, certe nuvolette bianche che facevano capolino su su dalla montagna, e altre scure scure che sorgevano rapide dalla parte del Lago di Garda, quasi volessero darsi fra loro amichevole convegno; più, un impetuoso vento pregno di un acre odore di tempesta, ci fecero aprire meravigliati la bocca, e inarcare le ciglia. Quel convegno di nubi da nord e da sud, era molto sospetto, annunciava qualche cosa di grosso... ma molto grosso!

In fatti, il rapido cammino di quelle nuvole non diede nemmeno il tempo di pensare alla difesa.

Difendersi?... Nel tempo che si dice un’Ave, ecco giù una grandinata secca grossa e fitta, che coperse durante dieci buoni minuti, di una strato candido come la neve, viali, prati, macchie... ogni cosa!

Il simpatico capitano Emanuel, e i suoi sessanta corazzieri, arrivati poco prima, tutti gl’impiegati della Casa Reale, che dianzi ci avevano assistiti, erano lì muti, intontiti davanti allo spettacolo di tanto disastro; e a vederli, parevano più di noi stessi sorpresi e addolorati.

L’Arena del giorno 13 così descriveva il nubifragio:

“Un uragano devastatore si scateno ieri verso le 4 sulla nostra città e Provincia.

Le campagne più ubertose, i vigneti più promettenti, ora altro non sono che steppe desolanti ed alberi sfrondati come in gennaio.