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320 | parte seconda |
goda dello spettacolo e le-a il suo immenso getto verso il cielo, ricadendo romorosa in miriadi di scintille che sembrano brillanti.
S. M. il Re, come se carrozza e cavalli fossero portati a braccio di quell’onda di popolo, arriva, scende rapidamente, e sale l’erto scalone Sammicheliano, dove lo attendevano le solite autorità... rallegrate questa volta anche dal bel sesso.
Ognuno però poteva sorprendere, a traverso il sorriso di compiacenza del Sovrano, anche una insolita preoccupazione interna. Perocchè S. M., fino dalla mattina, era stata telegraficamente informata che il Presidente del Consiglio Agostino Depretis, da tempo ammalato, andava a precipizio. Anzi i dispacci che si succedevano d’ora in ora, di minuto in minuto, facevano presagire vicina la catastrofe. L’annuncio della morte poteva dunque capitare da un momento all’altro. E se la sparizione di un primo ministro, può talvolta essere, nell’egoistica e cinica vita politica, una buona soluzione — ciò che allora non fu — oltre al dispiacere per la morte dell’uomo, il pensiero di una crisi, è sempre un grave sopraccapo per chi regge lo Stato.
Però il popolo, che non vuol saperne di malinconie, e che in quel momento non aveva in cuore che il suo Re, e voleva vederlo, lo obbliga a presentarsi e tre e quattro volte al balcone; mentre, spettacolo d’obbligo, ma sempre meraviglioso, incominciano i fuochi d’artifizio dall’alto dell’anfiteatro romano.
Ritiratosi nella gran sala, S. M.. dopo aver conversato affabilmente colle dame presenti, offerse il braccio alla Collaressa dell’Ordine, contessa Eleonora Pianell, ed entrò nel salotto dei rinfreschi. Lì, non accettò che una tazza di acqua diaccia, che bevve di un sorso; poi, dopo pochi momenti, fatto un cenno al nipote Luigi Bonaparte, si diresse all’uscita.
Nel risalire in carrozza, dopo che ritto in piedi, salutò ripetute volte la massa plaudente, diede sottovoce un ordine al suo aiutante di campo, e accennò di muovere; mentre una stella luminosa — la stella d’Italia — accesa a magnesio, irradiava tutta la piazza.
La popolazione, credendo che il Re tornasse dalla stessa strada, s’era precipitata intanto sul corso di Porta Nuova; ma S. M. — e questo era l’ordine che aveva dato dianzi — per un delicato riguardo verso il morente Ministro, non volle prolungare la festa; e, anche per abbreviare il cammino, fece prendere la via che conduce al Chievo da Porta S. Zeno.
Se non che, anche su quella strada, appena fuori di porta, lo attendeva una nuova sorpresa. La popolazione del Chievo era venuta in massa incontro al Sovrano con una fiaccolata. Così che, dal principio del viale che mena al paese, la strada pareva fronteggiata da due ali di fuoco.
Giunti alla villa, un’onda di popolo invase quant’è grande la corte e mandò al suo buon Re l’ultimo scrosciante evviva.