Pagina:Patria Esercito Re.djvu/326

308 parte seconda

V.


Casa civile e militare. — Ancora Peruzzi. — Il conte di Moncalieri. — Sue illusioni fisiche. — Le zanzare. — I fidibus insettifughi.


Le due volte che S. M. il Re venne ad onorare la villa, vi abitò con tutta la sua Casa civile e militare; più, qualche invitato, ministro o generale. Il resto, alloggiato negli annessi, era costituito dal personale di servizio. Nel 1887 il numero dei presenti non arrivava a cencinquanta; nel 1897, anche per la venuta dei corazzieri, e la maggiore importanza delle cose e del tempo, le persone sommavano a oltre dugencinquanta. Queste erano collocate alla meglio sotto i portici, nei solai, nelle tende e baracche seminate qua e là pel giardino.

Allora, cioè nel 1887, facevano parte della Casa militare, l’abbiamo detto, il conte Raffaele Fasi, ora defunto; il generale conte Lanza di Busca, fino a ieri nostro ambasciatore a Berlino; e i maggiori De-Santis, Pollio e Salasco, ora anch’essi generali.

Della casa civile: il commendatore Rattazzi, dianzi nominato, e l’altro simpatico gentiluomo, fiorentino puro sangue, ch’era Simone Peruzzi, amico nostro d’antica data, morto da non molto tempo, col rimpianto di tutti; ma, specialmente pianto con grande dolore da colui che scrive queste memorie, il quale rammenta, come cosa di ieri, certe giornate insieme godute la bellezza di oltre trent’anni addietro, quando scapoli tutti e due, ai bagni di Pancaldi, andavamo a gara a spiccare certi famosi capofitti, poco lontani dagli scogli dove le ostriche incrostavano i loro amori. Si rischiava di picchiarvi dentro la testa. Ma chi ci pensava allora alla testa?

Si sa che la gioventù, quando si sente sana e robusta, crede d’essere immortale.

Senonchè la nostra conoscenza non datava solamente dai bagni di Pancaldi, a Livorno, nel 1863; aveva altre origini assai più antiche, e diciamolo pure, assai più serie. Essa era nata in quel tempo in cui le semplici conoscenze, i fortuiti incontri divenivano lì per lì, fraterne e tenaci amicizie; amicizie non della ventura, ma delle quali la memoria cara, dura, viva e verde, quanto dura la vita.

C’incontrammo, cioè, giovanetti a Venezia, quando in piazza S. Marco, il 18 marzo 1848, scoppiò la rivoluzione; e Manin e Tommaseo, liberati dal carcere apparvero sulle spalle del popolo, portati in trionfo, come nel bel quadro di Napoleone Nani.

Simone era allora cadetto nella Marina austriaca; ma alla proclama-