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re umberto al chievo | 295 |
Seghe, martelli, pialle e ogni sorta di utensili, sudano a improvvisare grandi e piccole tavole per ospitare tanta grazia di Dio. E che fosse grazia di Dio per davvero, lo sanno i poveri — e anche i meno poveri — del Chievo; i quali, durante il soggiorno reale, tanto nel 1887 come nel 1897, largamente ne godettero, per una buona quindicina di giorni anche dopo la partenza.
Nè allora era spuntata sull’orizzonte la peregrina idea degli scioperi.... più o meno legali; che, braccianti, contadini, giornalieri, lavoratori d’ogni specie, militarizzati nelle uniformi blouses, attendevano all’opera loro, allegri e contenti come tante pasque.
Due parole ora degli uffici interni della Casa Reale, almeno come lo erano quando li abbiamo veduti noi.
Un capo controllore aveva la sorveglianza generale, e da lui dipendevano direttamente quattro sottocapi del così detto servizio di bocca. Tale carica abbracciava cucina, cantina, frutteria con relativa argenteria; guarda roba, e via dicendo. — Capo-ispettore era il cavaliere Camillo Galli, Maestro non solamente di Casa, ma anche di cortesia.
Vi era poi un segretario pei viaggi, e un capo ufficio pel servizio telegrafico, i quale, come abbiamo detto, aveva piantato bottega, là in fondo all’orto, in mezzo alle mele, alle pere, alle zucche, e — vedi parodia del mestiere — anche alle carote!
Tutto codesto complicato organismo si aggirava intorno al perno principe; al Ministro della casa Reale.
Titolare allora di quella importante carica era il buon conte Giovanni Visone; sostituto poi presso S. M. il Re al Chievo, dal giovane conte Urbano Rattazzi, nipote del primo Urbano, legittimo e naturale erede di quell’ambita — troppo ambita! — carica.