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286 parte seconda

Parecchi sono gli scrittori e i cronisti che non isdegnarono di occuparsi di questo modesto paesello, anche più del bisogno. Se ne occupò il Del Bene nelle sue cronache, il conte G. B. Da Persico nella sua stupenda Guida di Verona; e, recentemente, in occasione dell’ultima dimora di S. M. il compianto Re Umberto, anche il colto sacerdote Don Antonio Pighi, nella Verona Fedele.

Spigolando un po’ dall’uno e un po’ dall’altro — chè parlarne noi popotrebbe parere atto poco modesto — leggiamo nel libro del Da Persico e riproduciamo:

“Il Chievo — Clivus — come suona il suo nome, sta a capo di una costa che piega di qua a destra, movendo in semicerchio fino quasi Tomba: lungo la quale lingua pare che un tempo scorresse l’Adige, proseguendo ora il suo corso, quasi tutto rettilineo, alla sinistra, un miglio in circa dalla città; la quale, a vedere per ogni punto della costa, e sempre nuovo obbietto mirabile di prospettiva. Bel villaggio è il Chievo, ed ha buona chiesa parrocchiale di recente lavoro, come è il più delle sue pitture....

Tra le signorili abitazioni quelle dei Bottagisio primeggiano, una in pianura di buona e solida forma, con ampio cortile e dinanzi spazioso viale tra grossi e forti cipressi, ed una in sulla costa tra lieto aere, belle viste e convenevoli aggiunti.

Ma la villa Pellegrini vi è qui la gemma. L’architetto del palazzo che fu il colonnello conte Ignazio Pellegrini, vi operò con idea veramente magnifica e sontuosa„.

E qui il Da Persico ci narra come in questa villa, al tramontare del 1700, alla vigilia cioè dell’invasione francese e delle tragiche Pasque veronesi, l’onesto trattenimento ed il sollazzevole passatempo fossero — beati tempi! — la occupazione principale della mattina, del mezzodì e della sera — scusate s’è poco! — di que’ bravi gentiluomini. La villa anzi, se si giudica dall’ampiezza dei locali terreni, e dalla modesta proporzione del piano superiore, è chiaro che proprio al solo scopo dell’anzidetto solazzevole passatempo fosse stata ideata.

Tanto che il conte da Persico, presago forse dei tempi grossi che si preparavano a deliziare i nipoti — e oggi i pronipoti — si affrettava a dire: “che non era senza l’esercizio della liberalità e di industria che il Chievo divenne l’obbietto delle più onorate adunanze sul finire del secolo scorso.„

Nella villa Pellegrini andava specialmente celebre un teatro sul quale, dal 1774 al 1795, si esercitavano i nobili dilettanti. Di quelle recitazioni fanno testimonianza alcuni affreschi del pittore Marcola, dipinti sulle pareti di una delle sale terrene, rappresentante i fasti di una delle più illustri at-