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i cavalleggeri di alessandria | 255 |
Il conte di Torino invita le signore che lo circondano sotto la tenda del buffet. Ma l’acqua cade a torrenti; soffia il vento, e strappa i picchetti infissi per terra. Quel diluvio inzuppa senza pietà, mussole, foulards, crèpe de Chine, trine, veli, boa di piuma; sforma i poveri cappellini innocenti di tulle e di paglia, e schiaccia senza misericordia tutte quelle aigrettes ardite che dianzi sfidavano il cielo. Gli ombrellini dai bei colori, cambiati in altrettanti paracqua improvvisati, gocciolano a tutt’andare sulle stoffe chiare delle vesti, che assumono i colori dell’iride; ma, quel ch’è peggio, solcano crudelmente la fronte e il viso delle dame, i bei ricci delle quali, sfatti dal liquido colorato, diventano mosci, e simili a tanti asparagi.
Gli sforzi dei maschi, e dello stesso principe, tendono a tener ritto quell’unico riparo: ma il temporale è spietato, la grandine picchia sulle spalle e sulle mani.... il disastro è completo.
Sotto la tenda però — vedi strana combinazione della sorte — restano incolumi, o quasi, insieme alla presidentessa, quelle patronesse soltanto che non avevano fatto parte del numero fatale!
È cosa pur troppo nota, che fra i viziacci della fragile umanità abbia il primo posto la livida invidia; ed è un miracolo se di fronte ad un grande trionfo — di qualunque natura esso sia — questa non si faccia viva colla gesuitica insidia dei ma.,., e dei se.... allo scopo di diminuirne il valore. Ma qui — vedi cosa piuttosto unica che rara — davanti all’entusiasmo suscitato dalle feste dei Cavalleggeri di Alessandria, questa volta anche l’invidia tacque.
Ecco, invece, che la brutta parte dei trouble-fète, se la vollero assumere gli spiriti invisibili che si agitano oltre le nubi! Gelosi costoro di quel mondano Olimpo che vedevano sfolgorare nel bosco di S. Michele, e che aveva l’aria di rivaleggiare coll’Olimpo celeste, vollero punirlo!
A farla breve: le beltà eteree, vollero pigliarsi una piccola vendetta sulle beltà terrene.... a furia d’acqua.
Ma non riuscirono. Di lassù non avevano fatto il conto col valore italico delle nostre Dee; le quali rimasero, a dispetto degli elementi, impavide sul posto fino alla corsa dei fiori, ch’era l’ultima, applaudendo ai tenenti Fontana, Caporali e Cavriani, arrivati primi così come li scriviamo. Quando Dio volle, un raggio di sole s’aperse un varco fra le nuvole e venne a rinfrancare quelle maltrattate; così che il loro sacrificio si limitò allo sciupìo delle toilettes e, tutt’al più, alla mostra.... forzata, di qualche mollet fidiaco, degno di Venere.... o di Giunnone.
Anzi ne risero, e ne ridono; non rammentando che il lato splendido delle feste di Alessandria, e l’affabilità del giovane colonnello dei Lancieri di Novara.
Savoja, for ever!....