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242 | parte prima |
“A chi, con nobile pensiero, mi volle testimonio e partecipe di questa festa d’armi e di memorie, in un giorno sacro ad ogni cuore italiano — in questa terra redenta dall’eroismo dei padri nostri — a chi volle procurarci la emozione di rivedere a brillare il vecchio stendardo che alla Cernaja guidò gli epici galoppi della cavalleria piemontese, io rendo grazie a nome di tutti.
“Al Comandante i Cavalleggeri di Alessandria, agli ufficiali, ai soldati che sentono così alta la poesia delle belle memorie guerresche, e così profonda la virtù della stirpe, vadano i nostri saluti auguranti!
“E vada il nostro brindisi a tutta la cavalleria, la nobile arma dei sublimi ardimenti, degli eroici sacrifici; vada a tutto l’Esercito, dove si costudisce, intatta, la fiamma del patriottismo, il culto del valore.
“Salga altissimo verso Colui che, trentaquattr’anni or sono, strenuamente pugnava nel quadrato di Villafranca.„
Non è possibile descrivere la viva, simpatica, profonda impressione, che produsse su tutta quella massa scintillante, l’aspetto, la voce, le parole del giovane principe, fino dal primo suo scattare improvviso dalla seggiola, e durante il vibrato suo brindisi, pronunciato con una certa originale maestria di giovane oratore.
Impressione tanto più gradita, che da molto tempo i principi italiani non vollero apprezzare l’immenso effetto che produce fra il popolo e fra i soldati, la loro presenza, la loro parola.
Questo brindisi, pronunciato a voce alta, con giovanile entusiasmo, da quel gentile e forte principe, cavaliere dell’Esercito, che rinnovando all’Italia — come benissimo disse il Sindaco di Verona — la gloria di Barletta, si mostrò altrettanto calmo e sicuro sul terreno, come più tardi si mostrò intrepido cacciatore davanti alle tigri, suscitò un urrà assordante ed entusiastico che durò parecchi minuti.
Urrà eloquente, di cui l’eco ci ripeteva, come la voce di un Principe Sabaudo, se direttamente si leva in mezzo all’Esercito, o in mezzo a quel popolo che pure dell’Esercito è forza, ha un’efficacia salutare e dinamica della quale non va trascurata la utilità e la importanza.
Siano dunque benedette coteste feste militari, nelle quali, colla rievocazione delle pagine gloriose del passato, può la voce di un Principe, caro all’Italia, scuoterci dal torpore di quest’ora grigia, e additarci la via di nuove glorie.
Diamo qui l’autografo che audacemente pubblichiamo, a rischio d’essere messi da S. A. R. agli arresti di rigore.