Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
i cavalleggeri di alessandria | 239 |
Dopo pochi passi eccoli di fatti che spuntano. Il Re volta allora il cavallo e si unisce ad essi dirigendosi verso la Torre.
Camminando pari pari, S. M. guardava con una certa insistenza la faccia di Gianduja del novello Menelao, in quel momento vestito in borghese; ma quello guardava con altrettanta insistenza S. M., fra il sì e il no, fra il dubbio, la sorpresa e l’imbarazzo.
Umberto sorrideva.
Ma sbircia, guarda e riguarda, finalmente Pietro Canna, più intelligente suddito che previdente marito, che ha mangiato, come chi dicesse, la foglia, si volta verso l’aiutante, e gli grida:
— Ma chiel lì a l’è ’l Re!
— Proprio! — risponde l’aiutante, con un cenno affermativo.
Allora il Canna si slancia verso il cavallo di S. M., e con una intonazione che sarebbe difficile descrivere, esclama, sempre in piemontese;
— Maestà! ch’am permetta d’ vestme an uniforme!
Il Re disse che non francava la spesa, che lo dispensava. Ma l’altro? duro stavolta come un mulo, tanto insistette che S. M., per contentarlo, finì per dire di sì.