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230 parte prima

Signore Dio! andiamo facendo la scimmia a tante cose brutte, che poco male sarebbe stato, scimiottare, in questo caso, gli antichi maestri.

Il fatto sta che il povero colonnello, di solito non molto remissivo, ne dolce di temperamento, dovette rimanere dipinto.... senza cane; e non sappiamo dire se tale sagrificio poi avesse equo compenso nella Medaglia d’oro al valore, quel giorno guadagnata!

Se non che, prima di chiudere queste brevi pagine di storia, un altro dovere c’incombe: ricordare il nome del conte Giuseppe Pianell: il solo, si può dire, dopo il Covone, dei generali che, nell’infausta giornata del 24 giugno 1866, scrivesse un’altra pagina gloriosa nel volume militare italiano.

L’illustre generale C. Corsi, in un articolo stampato nel periodico La Rivista di Fanteria, nell’anno 1896, — articolo intitolato per l’appunto Un Generale, — si occupa con grande competenza, e altrettanto amore, dell’azione illuminata del conte Pianell durante quella campagna di guerra. In quello scritto si direbbe che il Corsi abbia voluto anticipare un commento a quanto lo stesso generale scriveva in una lettera a sua moglie, in data 27 giugno, tre giorni dopo la battaglia:

“.... Tu sta’ contenta, sta’ calma: fallo per me. Ci rivedremo forse: e, se no, io morrò contento di lasciarti un nome che, spero, il mondo dovrà onorare, ad onta delle perfidie degli avversari.„

Diciamo subito che, studiando le dolorose fasi di quella giornata, leggendo quanto se n’è scritto, rammentando quanto se n’è detto, non possiamo a meno di rimpiangere che il 24 giugno 1866, egli non si trovasse a capo dello stato maggiore dell’Esercito. Certamente egli avrebbe fatto.... quello che non fecero nè Della Rocca, nè Cucchiari, nè Maurizio De Sonnaz; nè specialmente quello.... che fece il Lamarmora! E forse da lui diretta, tutta la azione campale di quel giorno, in luogo di una sconfitta, l’avremmo chiamata una vittoria.

Si dirà che è cosa facile il profetare a posteriori: ma questo convincimento è diviso da soldati molto più di noi competenti.

Anche il generale e deputato, Luchino Dal Verme, in una recente lettera a difesa della cavalleria, parlando della giornata di Custoza, scriveva:

“E chi non ricorda come nel pomeriggio del 23, e poi nel mattino del 24 giugno del 1866, i reggimenti di cavalleria disponibili fra il Mincio e Villafranca — quattro il 23, sette il 24 — se fossero stati, non dirò abilmente, ma semplicemente impiegati a riconoscere la pianura fra Villafranca e l’Adige, avrebbero certamente rotto il velo dell’esplorazione nemica, avrebbero conosciuto l’addensarsi delle masse austriache sulla destra dell’Adige, avrebbero evitata certamente, la sconfitta di Custoza.„

Il Senatore Levi, negli appunti da noi citati, ci fa sapere che il 23