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i cavalleggeri di alessandria | 217 |
Ma qui lasciamo la parola e un testimonio oculare, che ebbe pure parte attiva e brillante in tutta la giornata: vogliamo dire al compianto conte Pietro Porro — una delle prime e volontarie vittime africane — il quale, pochi giorni dopo la morte del Marchesi de’ Taddei, volle scrivere in suo onore, nella Perseveranza del febbraio 1878, una stupenda appendice non abbastanza conosciuta e lodata, causa la vita effimera di un giornale, e intitolata Villafranca 27 giugno 1866, il Quadrato del Principe Umberto.
Prima però ci corre il debito di accennare ad altre pubblicazioni sugli stessi fatti; una di queste dovuta a quell’indefesso lavoratore, amico dell’Esercito, che si chiama Quinto Cenni — anima modesta e disinteressata di giornalista e di patriotta, il quale non vive, non lavora e non pensa che per la gloria e il bene del soldato; specialmente del soldato di cavalleria, suo primo amore. Quinto Cenni, a questo suo amore, dedicò tempo e quattrini; ma, a compenso di tanti sacrifici, egli non raccolse che.... l’intima soddisfazione — troppo poco davvero! — di aver compiuta un’opera utile e buona.
La sua Rivista militare, sostenuta per molto tempo con gravi sacrifizi, l’album Custoza 1848-66 — in collaborazione col bravo Archinti — e il Centenario di Saluzzo, basterebbero a fargli erigere, dall’oggetto dei suoi amori, dall’Esercito di cavalleria.... almeno un busto!
Detto ciò, torniamo a Pietro Porro, a quell’altro patrizio milanese, anche più degli altri dolorosamente perduto. Questi, prode soldato e ardito esploratore, dopo essersi circondato di gloria a Custoza, ufficiale anch’egli nei Cavalleggeri d’Alessandria, volle rendersi utile alla patria con altre imprese: volle mettere l’ingegno, le giovani sue energie, a disposizione della Società Geografica di Milano, recandosi imperterrito a inaffiare, le ardenti e traditrici arene africane, del suo buon sangue lombardo.
Ed ecco quello che intorno alla giornata di Custoza egli scriveva:
“..... Alle cinque e un quarto antimeridiane S. A. R. il Principe Umberto giungeva, con quasi tutta la sua divisione, in vista di Villafranca: fermò la testa della colonna per serrare le distanze, e profittò del tempo così impiegato per riconoscere Villafranca, e le strade che di là si diramano verso Povegliano, Verona e Sommacampagna. Per compiere questa operazione, S. A. incaricò uno squadrone della cavalleria divisionale e due battaglioni di bersaglieri. A un tiro di fucile da Villafranca, il capitano Marchesi de’ Taddei, comandante del riparto di cavalleggeri, fece prendere il galoppo al suo squadrone ed entrò in città, fermandosi dove comincia la strada postale di Verona.
I bersaglieri, a passo di corsa, appoggiarono la punta della cavalleria.