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genova cavalleria | 193 |
ma specialmente all’arma di cavalleria: quella di essere stato scelto a padrino, coll’altro colonnello — poi generale, conte Avogadro di Quinto — da S. A. il conte di Torino, quando il giovane principe, con un impeto fiero del cuore, spontaneo, fulmineo, segretamente si recava oltre i confini d’Italia, per vendicare la offesa inconsulta, che un altro principe — uno straniero — aveva scagliato contro l’onore di quell’Esercito italiano, del buon sangue del quale parlano ancora gli ossari di Custoza, di Montebello e di S. Martino.
Chi non ricorda la emozione sollevata in tutta Italia quando fu nota l’impresa? L’interesse di tutta Europa, quando la notizia, dapprima non creduta, ufficialmente si sparse? Chi non ricorda le apprensioni, i palpiti di ogni buon italiano, pensando alle tristi eventualità di mossa così ardita?
Migliaia di telegrammi aspettavano il principe ai confini del suo paese. Ma, fra tanti, uno specialmente raccolse l’attenzione di lui, e lo commosse: il dispaccio di un povero padre italiano, ch’ebbe l’unico suo figlio morto nella battaglia di Adua. Erano poche, sublimi parole, e dicevano:
“Grazie, per mio figlio, morto in Adua!„
Non so se filo elettrico abbia mai trasmesso cosa altrettanto commovente nella sua tragicità!
I due colonnelli Avogadro e Vicino, poi tenenti generali, — il primo morto da pochi mesi — nella scabrosa vertenza cavalleresca dimostrarono, prima e durante le trattative, e sul terreno, e nella compilazione delicatissima del verbale, oltre che una vecchia e consumata esperienza, tutto l’ingegno e le finezze, diremo così, diplomatiche, più che mai indispensabili in fatti tanto importanti e nuovi, come questo: di assistere due principi reali, sul terreno!
Anche al banchetto di Genova Cavalleria nel suo brindisi, il generale Pallavicino, portò la nota calda, ma misurata e pratica, del soldato e del patriotta: e fu salutato con un lungo applauso, da tutto quel brillante squadrone di ufficiali — che tanti si potevano dire pel numero — alla testa del quale ci saremmo sentiti di rinnovare, in campo, le glorie.... di Sparta!
I brindisi del comandante il reggimento riscaldarono l’ambiente. A molti di noi era venuta la fregola di parlare. Ma per farlo ci voleva il per-