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172 | parte prima |
titudine e dall’affetto — oggi è là dimenticato, dietro un cancello di ferro, sotto la sorveglianza di un povero portiere, il quale deve rispondere della immobilità di quel bronzo, suppergiù come Hudson Löwe, il rigido carceriere inglese, doveva rispondere alle potenze coalizzate.... della immobilità del grande prigioniero di S. Elena!
Al cospetto di simili spettacoli, non certamente preveduti allora, benediciamo le rughe della nostra fronte, e, ritornando col pensiero a vivere in quei tempi, esclamiamo: — “Beati i morti!„
Sì: ― Beati i morti!
Ma se la viltà nostra, l’opportunismo, o la rabbia settaria di chi nulla ha fatto per la patria, si macchiano del delitto d’ingratitudine verso il benefattore; uniamoci noi, con tutta la vecchia energia del nostro cuore, a quei pochi che ancora lammentano lo sventurato sovrano, il quale recava in Italia il contingente del miglior sangue francese. Colui che, un giorno, imperante Cesare, era elargitore di libertà, e stringeva in pugno il più temuto e incensato scettro d’Europa. Colui che volle l’Italia libera, unita e grande, malgrado i nostri impreveduti e dolorosi disastri di terra e di mare del 1866. Disastri che sarebbero stati un comodo pretesto, a un Monarca meno amico e meno leale, per voltarci le spalle!....
Rammentiamo la gioia, il giubilo frenetico sollevato da quel primo dispaccio che, nel 1859, annunciava la comparsa delle aquile napoleoniche sul patrio orizzonte.... La commozione al pensiero del primo sangue francese e italiano, sparso e fuso insieme dentro le zolle gloriose di Montebello....
Rammentiamo quel grande sventurato, e benediciamo alla sua memoria; specialmente oggi che da Lui più nulla possiamo sperare, oggi che nulla più egli ci può elargire!