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i cavalleggeri di monferrato 171

registrandoli, e consegnandomeli, senza tampoco pensare ai microbi che eventualmente avrebbero potuto portarci via in poche ore, tutti e due, come il compianto camerata.

Dal canto mio, confesso che io lo aiutavo in quel lavoro con un certo tal quale rispetto, e che avrei, forse in quel momento, preferito di trovarmi a S. Martino di scorta a una batteria sul campo.

Il tenente generale nobile Giovanni Govone oggi vive a Milano, una vita lontana da ogni rumore, quale l’indole sua riservata e tranquilla, aveva sempre cercato. Egli non è vecchio, nè lo sembra; ma le rughe che gli solcano la fronte sono larghe e profonde quasi come quelle di un vecchio. Rughe precoci, che gli nacquero e crebbero da una preoccupazione viva, costante affannosa.... una preoccupazione ch’è il suo martello: quella, cioè, di vedere la patria — quella patria alla quale la famiglia sua sagrificava il sangue migliore — ridotta nelle condizioni politiche nelle quali oggi miseramente si trova. Rughe che nacquero, e crebbero, davanti al triste spettacolo di una indifferenza vergognosa, quasi uno sprezzo, per quanto v’è di grande, di nobile, di patriottico nella storia militare e civile del nostro paese; davanti alla consumazione del delitto più grande che possa macchiare la fama di tutta una popolazione: quello della ingratitudine verso coloro che alle nuove generazioni prepararono la patria!


VII.


Napoleone III. — Gratitudine! — Una nuova S. Elena. — Beati i morti! — Le idee di un republicano. — La Francia insegna. — Fuori il prigioniero!


Qui domandiamo venia al lettore se, amaramente ripensando a quella soave parola: Gratitudine, spinti da un sacro dovere, consacriamo questo capitolo allo sventurato sovrano che venne a giuocare sui nostri campi, per la nostra libertà, corona e vita. Colui, il quale nella memoranda, indimenticabile giornata dell’8 giugno 1859, a fianco di Vittorio Emanuele, faceva la sua entrata solenne in Milano redenta, in mezzo a un entusiasmo irrefrenabile di tutti i cuori lombardi; cavalcando tra i fiori, carezzato, baciate le mani, i piedi, le vesti come a un Dio.... assordato da scoppi frenetici di gioia, di delirio...! Espressione allora di una gratitudine che si sarebbe detta eterna, come il moto... ma, ahimè! così presto dimenticata!

Vergogna suprema! — il monumento che rammenta quel giorno, e quel Monarca — opera di un artista sommo, anch’egli mosso dalla gra-